Stare in una terra di nessuno è una strana sensazione.
Stare nella terra di nessuno tra due città separate che dopo tanti anni si sono riunite aveva qualcosa di particolare: una desolazione piena di cose.
Le due città, in modo diverso erano cambiate. Quella terra di nessuno era rimasta ferma.
Il disegno della città e le sue cose disperse lungo questa fascia davano l’impressione della carta da parati lacera, che lascia intravedere la trama di una passata decorazione. La “carta” l’ha protetta fino al momento in cui la lacerazione non si è prodotta. Lungo tutta la fascia di protezione si scopriva la “gengiva” di un passato non troppo remoto che non era più ne l’una né l’altra città e che contemporaneamente ospitava una serie di oggetti legati al tema del controllo. Una terza Berlino, una città di nessuno popolata da oggetti dispersi – marciapiedi, tombini, pavé in pietra, aiuole, terreni – e da garitte di controllo, troppo impegnate a fare ping pong tra i due muri. Non una città in rovina piuttosto una città congelata dalla guerra fredda.
Tutta l’attenzione era per quel muro graffitato, diventato emblema della caduta; la terza Berlino piano piano è stata con il tempo cancellata.
Als das Kind Kind war,
ging es mit hängenden Armen,
wollte der Bach sei ein Fluß,
der Fluß sei ein Strom,
und diese Pfütze das Meer.
Als das Kind Kind war,
wußte es nicht, daß es Kind war,
alles war ihm beseelt,
und alle Seelen waren eins” (…).
«Quando il bambino era bambino,
se ne andava a braccia appese.
Voleva che il ruscello fosse un fiume,
il fiume un torrente,
e questa pozza il mare.
Quando il bambino era bambino,
non sapeva d’essere un bambino.
Per lui tutto aveva un’anima,
e tutte le anime erano tutt’uno” (…).
Lied vom Kindsein, Peter Handke. Da Wings of desire, 1986. Wim Wenders
Altro materiale: “Memorie delle cose”
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