I’m here

Parafrasando Virginia Wolf: la parola “io” è soltanto una comoda designazione per nominare qualcuno che non conosciamo* realmente.

Ho sempre preferito le mappe ai calendari. Ho sempre preferito descrivermi come una collezioni di “luoghi”, evitando la definizione collezione di ricordi, di memoria. Accumolo cose che non si legano al tempo ma a situazioni legate ai luoghi.
Duccio Demetrio scrive in un interessante saggio (Raccontarsi, l’autobiografia come cura di sé, Cortina, 1995): “L’esperienza autobiografica si costruisce lungo un percorso assai curioso per quanto concerne la dimensione del tempo. Certamente il racconto che condurrà alla conclusione del racconto di sé… è di carattere diacronico. Dove il tempo è successione e orologio”.
Nel suo libro, Demetrio, si pone il tema del racconto si sé e della sorpresa di trovarsi a dare forma ai propri ricordi, a quello che si è fatto, amato e sofferto.
Personalmente ho un’altra visione di questo racconto: il tempo è una collezione di luoghi e di spazi che si aprono a noi. Le cose e le persone non stanno su di una linea del tempo, ma stanno come fossero posate sulle linee della metropolitana: il tempo allora cambia direzione. Può andare avanti e indietro. Ancora meglio verso di me o, all’opposto, allontanarsi. Le persone ritornano, altre, invece, si allontanano. Consumo spazio, non consumo tempo. Una visione che non prevede il rimpianto, la svolta dentro al ricordo, ma affronta il tema della possibilità e della reinvenzione al presente del proprio futuro.

Così questo web 2.0. Scrivo qui, io, ma tu mi leggi lì, in un tempo diverso che non è il mio ma è il tuo. Per un attimo si sono incrociati. Forse per il solo tempo della lettura. Forse un’altra volta ancora.

*nell’originale V.Wolf dice “che non esiste realmente”

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