“Il viaggio è una specie di porta, per la quale si esce dalla realtà per penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno”, scriveva Guy de Maupassant.
Guardare e viaggiare sono cose connesse. E il vedere ha sempre una relazione con il mezzo che stiamo usando. Banalità.
Viaggiare veloci è un poco come vedere le cose più lontane, staccate da noi. Viaggiare veloci sembra che ci liberi dal contesto, ci allontana da una responsabilità verso di esso. C’è poi una velocità che, se raggiunta, non ci libera più solo da una adesione alle cose dei luoghi ma dal pianeta stesso: ci libera dalla gravità terrestre.
Da tempo, viaggiando nei paesaggi, specie qui in pianura padana, mi chiedo “ma dov’e’ la gente, dove sono gli animali”
Si attraversano interi territori e dal finestrino del treno non si vede mai nessuno.
La chiamano food-valley ma non si vede nulla di animato, di animale. Solo cose meccaniche in movimento che rotolano lungo la strip d’asfalto autostradale: corrono pure loro velocemente in quel luogo astratto che è l’autostrada, spazio protetto dal contesto locale; corrono in un flusso continuo e inesorabile simile all’acqua del fiume.
Non c’e’ mai nessuno a piedi che cammina lungo un fiume, su una strada o che guarda.
E’ come se tutto questo, quello che si vede dal treno, fosse come una scenografia per coloroi che viaggiano, per convincere che qui va tutto molto molto bene (anche l’aver già visto influenza il guardare, avere memorie di visioni).
Martedì mattina, era presto, pure non c’era nessuno… Riprendendomi dalla lettura e guardando fuori…
Alla mia vista un sole freddo… Aveva fatto brina la notte. La galaverna.
Mi ritrovai con uno sguardo nella pianura bianca e celeste imbiancata dalla neve e ammorbidita da una nebbia rosata.
Sembrava mezzogiorno da quanta luce c’era… come se la luce si potesse riflettere su se stessa.
Un paesaggio splendido eppure non c’era nessuno per vederlo se non gli sguardi protetti dentro il treno veloce.
Nulla che animasse il paesaggio: né umano né meccanico; questo rendeva ancor più meravigliosa la visione: una solitudine perfetta, fredda.
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Questo sul vedere e la visione… ma l’ascoltare? Ogni realtà è sonora.
la pianura sta tras-formandosi in un oceano di ri-fiuti prossimamente fossi-lì.
Si è già spezzata, la piana, riempita di paura e macellazioni. Ci ha rimesso tutto quel contado rimosso su cui contano oggi le fabbriche, quelle che producono cavalli meccanici e infettano con i loro escrementi l’aria che tutti res-piriamo, bruciandoci gli alvei di fiat-o.
Anime e animali? Scomparsi, stanno re-citando un osceno spettacolo in teatri di posa,chiappe larghe e arie alle poppe!
Si parla si parla si parla. Poi si scrive si scrive si scrive su quanto è stato detto ridetto dettato e rigettato, in vasche galvaniche di antimemoria.Tutto questo per poter ite-rare le stesse cose, dette ridate redatte…per ridere.
Suo-no? No. Nessuno ,solo la voce di nessuno, in migliaia di ri-pet-i-tori.
E… si-amo in viaggio il viaggio, andata e ritorno da n a m.
fernirosso
Credo fortemente sia un bene che certe cose siano per i pochi che fortuitamente ci capitano. Una cosa affascinante è proprio il mistero che ruota ai segreti, alle cose nascoste e tra le pieghe che aspettano i pochi prescelti per la “visione”. Evento/paesaggio/artefatto che si manifesta a volte quasi in modo metafisico. Penso che la tua euforia sia stata la stessa dei primi egittologi che “scoprivano” le varie dinastie succedutesi attraverso i propri manufatti funebri. E poi vi è anche il sapore della scoperta, e tutte queste cose emotiveggianti quà! 🙂
[…] Racconto di un insolito viaggiare. Ancora in viaggio […]