Rimuovere le proprie cose fa bene.

Oggi ho “demolito”, “rottamato” (in cambio di recuperare il numero di prim a mia disposizione) quanto avevo costruito sulla mia piattaforma (Cantiere Lednev) il giorno di Pasqua (mi riferisco alla piattaforma per costruzioni in Post Utopia -Second Life). Nulla di che, ma l’atto simbolico della demolizione non è meno potente dell’atto simbolico della fondazione.
Nello stesso momento leggo una recensione sul blog di Mario Gerosa. Si pone il problema della conservazione delle “cose” realizzate nei mondi virtuali (termine non condiviso da molti) e ci suggerisce un libro che è certamente da leggere (rimando al suo post) per chi si interessa di archivi.
Il “mal d’archivio” del quale parla Mario mi ha ormai sopraffatto da tempo ed è argomento del mio piccolo corso che tengo all’Accademia di Belle Arti di Bologna.
Archiviare significa non solo raccogliere ma operare delle scelte e studiare delle strategie per catalogare, raccogliere, disporre, conservare. In questo senso l’archivio è a sua volta un dispositivo nel senso che dà Foucault a questa parola nell’Archeologia del sapere e in un’intervista del 1977 in cui dice a proposito del dispositivo:

Ciò che io cerco di individuare con questo termine è, innanzitutto, un insieme assolutamente eterogeneo che implica discorsi, istituzioni, strutture architettoniche, decisioni regolative, proposizioni filosofiche, in breve: tanto del detto e tanto del non detto, ecco gli elementi del dispositivo. Il dispositivo è la rete che si istituisce fra questi elementi […]. 
Col termine dispositivo intendo una specie – per così dire – di formazione che in un certo momento storico ha avuto come funzione essenziale di rispondere ad un’urgenza. Il dispositivo ha dunque una funzione eminentemente strategica […]. Ho detto che il dispositivo è di natura essenzialmente strategica, il che implica che si tratti di una certa manipolazione di rapporti di forza, di un intervento razionale e concertato nei rapporti di forza, sia per orientarli in una certa direzione, sia per bloccarli o per fissarli e utilizzarli.

Morale: conservare, raccogliere, ricordare, catalogare ecc. non è cosa banale e non è solo un mettere da parte. E’ anche questo un progetto, importante, perchè struttura le possibili letture future dell’archivio stesso e delle cose contenute. Pensare e progettare oggi l’archivio di Second Life, ad esempio, significa preparare le basi della scrittura di una storia futura di quel mondo.
Alla parola archivio si associa sempre una idea di autenticità, di verità.
Le cose ivi contenute assumo uno statuto di autenticità immediata. La stessa pretesa di autenticità che hanno le parti storiche della città in relazione alle parti moderne.
Prendete Roma ad esempio, un grande archivio di spazi a cielo aperto: la città autentica non è la periferia (espressione di un modo magari sbagliato ma contemporaneo di pensare il territorio) ma la città romana del Foro e del Terme e quella dei papi.
Come dire che la città “morta”, codificata come città storica, viene riconosciuta più autentica di qualsiasi altro pezzo di città “viva” che è espressione del proprio tempo.
Le stesse guide turistiche sono archivi organizzati per mostrarci l’autentico che per l’italia, a parte alcune rare eccezzioni, coincide con il periodo medievale della nostra storia.

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