nord


Still da Aleksandr Sokurov, Povinnost – Confessione 1998 – film a puntate per la tv russa




Una prima domanda: perché un racconto del nord? Il motivo è semplice: cI sono parole che sono come grandi contenitori di spazi e di racconti. La parola “nord” è una di queste. Normalmente uso la parola “racconto” per recuperare una dimensione narrativa e descrittiva e per uscire dalla dimensione di notizia, informazione, numero, statistica sulla quale si sta appiattendo e uniformando la nostra esperienza, conoscenza e trasmissione del mondo; in particolare la riduzione della costruzione di una sua coscienza in noi.
Dico questo dopo aver visitato la mostra alla Fondation Cartier “Terre Natale”, dove il mondo è ridotto ad un dato non più sensibile ma ad un dato numerico introdotto in una affascinante teatralizzazione della geografia dove i punti cardinali segnano le ordinate e le ascisse dello spostamento continuo e ineluttabile delle popolazioni, come spinte da “perturbazioni” delle quali “nessuno è responsabile”. Come dire: un terribile amore per la catastrofe (recuperando e parafrasando da James Hillman un titolo per un “verosimile” Paul Virilio). Anche la parte di “immagini” di Depardon al piano superiore presenta i suoi contenuti come “dati visivi” o “dati acustici” ormai visivamente consumati.
Il problema non è dire se è bella o se è brutta questa mostra ma a cosa ci serve, cosa ci lascia dopo che l’abbiamo visitata. Quale è il suo contributo per spostare ciò che già sappiamo, per spostare il nostro immaginario, per fare cresecere la nostra coscienza sul mondo anche solo di un centimetro?
Me lo sto ancora chiedendo.


Per questo ragiono sullo “spostamento” di un punto cardinale, il nord, lasciando ferme le popolazioni.


Dov’è il Nord? A York è sul Tweed.
Sul Tweed è nelle Orcadi, ma lì
è in Groenlandia, a Zembla, o Iddio sa dove…

Alexander Pope


Ma dove sta il nord?
Ci sono stati giorni in cui era come se il nord geografico fosse scivolato lungo le pareti del globo per portarsi al centro della pianura padana. Si è spostato con tutto ciò che di sublime si porta dietro: non solo il freddo ma una dimensione cromatica della luce, della quale ho scritto, e una relazione di attrazione e rigetto per il nostro corpo: la neve e il gelo sono comunque una condizione di sorpresa nel paesaggio che scardina le abitudini ne “inverte” i significati e fa percepire la propria terra natale come ostile, lontana dalle abitudini e dalle consuetudini. Questa “inversione” di condizioni del paesaggio dalla comodità all’ostilità forgia e consolida la nostra individualità nei confronti della natura e della sua ormai rivalutata superiorità.
I passi attutiti nella neve e i suoni ovattati, ripuliti dal riverbero, saranno una memoria di quest’inverno. Memoria registrata nei nostri corpi oltre che nei nostri pensieri.


Ma il nord, come punto cardinale, resta sempre fermo ed è innanzitutto il centro intorno al quale ci orientiamo. E’ una certezza. Ha in se una dimensione sublime seppur ostile e minacciosa. Remo Bodei nel suo ultimo volume “Paesaggi sublimi, gli uomini davanti alla natura selvaggia” parla di questa natura del sublime in relazione ai territori inadeguati ad ospitare l’uomo.
Il lavoro di Sokurov racconta di questo sublime, di questa ostilità e dell’ineluttabilità di questo nord. Quasi a volerlo in qualche modo farlo passare come “archetipo”.
Il film mostra i pensieri di un capitano di marina che, conducendo la propria nave nel più estremo nord, approfitta delle lunghe notti artiche, dell’indefinitezza del paesaggio per riflettere a lungo e profondamente sulla propria natura di uomo, di soldato, di marinaio. Sokurov fa sospendere l’emozione tra la contemplazione del mondo esterno e l’universo compresso della nave popolato da volti di marinai che portano i suoi pensieri alla sua gioventù. Il mondo esterno è un mondo che non può conoscere e che immagina statico, insopportabile senza il conforto della letteratura. E di letteratura, il nord ne è piena. Il nord è un punto che si dilata per diventare contenitore infinito di immaginari. Ma, come visto, è anche un punto che si sposta e come dice Davidson nell’Idea di Nord “dovunque lo situiamo il nord sta più a nord. altrove…” anche se quest’anno questo nord è sceso abbastanza al sud.
MORALE: Per concludere, il nord ballerino, il nord che ci gioca gli scherzi, che si avvicina e si allontana, che si offre come sicurezza nella geopolitica che si nasconde e riappare ci suggerisce una diversa attitudine verso di esso (come parte del TUTTO globale) e una rinnovata coscienza geografica.