immagine da: Stalker (1979) di Andreij Tarkovskij
“L’immagine è come una osservazione”. da Scolpire il tempo, Andrej Tarkovskij.
Andrej Tarkovskij, una figura guida per molti motivi. Altra persona da tenere cara e da non sbandierare troppo, per tanti, troppi, che lo fanno.
Di tutti gli scritti sull’immagine che Tarkovskij ci ha lasciato, sulla sua produzione e la sua lettura, ci sono poche pagine illuminanti nel libro Scolpire il tempo (Ubulibri, 1988), dove lui stesso parla degli haiku della tradizione giapponese.
Gli Haiku coltivano le immagini in un modo particolare: le coltivano in maniera che non significano nulla all’infuori di se stesse.
“Ecco ad esempio un haiku:
Un vecchio stagno.
Una rana è saltata nell’acqua.
Uno sciacquio nel silenzio.
Oppure:
Hanno tagliato del giunco per un tetto.
Sulle canne dimenticate
Cadono morbidi fiocchi di neve.”
Aggiunge:
“Da dove viene improvvisamente tanta indolenza?
Oggi sono riusciti a stento a svegliarmi…
Sussurra la pioggia primaverile.”
“Questi versi sono stupendi per l’irrepetibilità dell’istante afferrato e fermato che cade dall’eternità.
(…) Essi non si limitavano ad osservarla, ma senza agitazione e senza inquietudine ne ricercavano l’eterno significato. Quanto più esatta è l’osservazione tanto più essa è unica. E quanto più essa è unica, tanto è più vicina all’immagine.”
Forse queste che lui ha scritto sugli haiku, per spiegarne il significato e suggerire un modo di guardare, sono le parole più chiare per leggere la produzione di immagini usate da Tarkovskij nel suo cinema.
Le citazione sono tratte dalle pagine 98 e 99 del volume Scolpire il tempo (Ubulibri, 1988)