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Viviamo all’interno di un universo fatto di “mondi” che come imbuti catturano la nostra attenzione concentrandola con concupiscenza verso di essi. Esempio: lavoro su un tappeto andino, ho un computer che mi ha donato un occhio assoluto che trova tutto quello che gli chiedo, ho piante esotiche sullo stesso tavolo, souvenir di viaggio ecc. Contemporaneamente si appoggiano sul tavolo “mondi” che si definiscono “presenti” ad un ipotetico appello dettato spesso dal caso o dalla necessità o dalla curiosità. A volte nuovi “mondi” entrano nella tua vita senza che tu li abbia cercati. Vent’anni fa ad esempio: il 14 febbraio del 1988 comprai questo numero di Urania dove si stampava una antologia di Philip K. Dick. Termina con un saggio illuminante: Come costruire un universo che non cada a pezzi in due giorni (1985). Come in uno stato ipnagogico (uno stato alterato di coscienza che precede il sonno), realtà e ricordo si fondono in un unico pensiero.
Cosa è reale e cosa no di tutto quello che tocco e che ho sul tavolo? Cosa devo pensare di tutti questi mondi? Il libro è reale ma le parole che qualcuno ci ha stampato sopra sono altrettanto vere? E se lo sono ora lo saranno ancora domani? Fino a quando le condividerò?
Il reale perchè sia tale deve essere percepito come vero. Ma questo concetto varia nel tempo. Dopotutto lo strumento di base per la manipolazione della realtà è la manipolazione delle parole. Se puoi controllare il significato delle parole, puoi controllare le persone che devono usare le parole. Ma un altro modo per controllare le menti delle persone è controllare le loro percezioni. Se riesci a fare vedere agli altri il mondo come lo vedi tu, gli altri la penseranno come te. Al percepire segue il capire. Dopotutto, la mia visione del mondo, è una tra le tante. Poi ti succede che il primo ad essere controllato da quel modo di vedere di quel mondo sei proprio tu e non esci più dalla tua visione. Allora speri che quel tuo mondo cada a pezzi per poterne costruire/pensare uno nuovo. Il mio lavoro consiste prevalentemente nel pensare a cose che messe insieme non devono cadere a pezzi nel giro di due giorni. O per lo meno è quello che sperano i miei committenti. Ma è proprio nel momento in cui cominciano a cadere a pezzi le cose che diventa interessante il mio lavoro. Dal caos che si produce nella caduta dei “diversi mondi” nascono le nuove idee. Dopotutto è una regola naturale della vita.

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