Cartolina del troppo lavoro
Già ho mostrato questo ambiente qualche volta su questo blog. Un punto di osservazione verso ciò che sta fuori, una “panchina obbligata “per “passeggiare da fermi” quando si tira il fiato durante un lungo lavoro. Un punto anche dove raccogliere e tenere e mettere insieme e costruire relazioni.
Come dice Georges Perec “ogni appartamento è composto da un numero variabile, ma finito di stanze; ogni stanza ha un numero funzione particolare“. Ogni stanza è definita dalle cose che ci stanno dentro: la camera ad esempio è caratterizzata dalla presenza del letto. La cucina dal forno ecc ecc. Questa è la stanza dalla quale costruire, guardare e pensare altri luoghi. Pensare mondi. Pensando a quanto appena citato da Perec aggiungerei per quanto mi riguarda che in ogni stanza (di numero finito) ci stanno e ci possono stare infiniti mondi.
Saluti da qui
Non c’entra molto, forse, ma leggendo il tuo post non so perché mi è venuto in mente in castello di Elsinore, sì quello di Amleto. In un gelido settembre, su un mare già plumbeo, ricordo una lunga fuga di stanze, l’una dopo l’altra senza corridoi, ovviamente, ciascuna delle quali era un mondo nel mondo, perché si procede da quelle fredde e spartane del 1400 via via fino a quelle barocche, poi le romantiche ottocentesche e quindi quelle arredate nel novecento. Mi sembrò di percorrere epoche e mondi in una sola mattina. Ma forse davvero non c’entra molto.
In ogni caso saluti…lì.
Immagino che sia proprio la percezione che ognuno di noi ha dal suo “studio”, luogo di lavoro, habitat, o come vogliamo chiamarlo, ad essere la variabile determinante dell’equazione che permette al creativo, come l’impiegato, di “creare mondi”… E di sicuro quel cannocchiale è un elemento imprescindibile, così come la piramide di lattine di chinotto sulla mia…
Saluti da qui.
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saluti da qui. racconto della cartolina del troppo lavoro | luoghi sensibili