
Geografia del giardino da tavolo. Assemblaggio di parti di mondo.
Passeggiando per giardini, saltando le reti tra un link e un’altro.
In ognuna delle scatole cinesi che ognuno di noi abita (il proprio corpo-il proprio spazio intimo-la propria stanza-l’appartamento… il pianeta mondo… l’infinito) si tende ad organizzare le cose (materiali e immateriali, fisiche e concettuali) in un modo sempre simile a se stesso. Secondo un modello frattale di Mandelbroot.
Si tendono a ripetere sempre le stesse modalità. Riconosciuta questa si può quindi procedere all’interno di ogni scatola. Come dire: ridurre il problema alla dimensione affrontabile per applicarne il modello alla complessità successiva per dimensione. Questo è quello che si impara lavorando con lo spazio e le cose.
Ci sono modalità verticali e modalità orizzontali, sistemi ordinati e sistemi caotici. C’era un artista americano Joe Brainard che poneva tutte le sue cose una a fianco dell’altra. Lo faceva organizzando il suo spazio, la sua pagina di lavoro: le sue tavole, i suoi scritti erano un accrochage di elementi “paralleli”. Come nel testo “I remember”, preso e citato da George Perec nel frontespizio di “Mi ricordo”, un “dispositivo” letterario che affianca le memorie di chi scrive alle memorie di chi legge. Sono scritture che creano spazio. Non ne parlo in una chiave di nostalgia, ma di organizzazione spaziale e di accoglienza; parlo dell’assemblaggio delle cose che si posizionano una a fianco dell’altra e così facendo si concentrano intorno ad un centro (che siamo noi). E’ quello che accade nei giardini in miniatura, nei tiny garden, dove “citazioni” di mondo si affiancano l’uno all’altra e parlano, per citare Gilles Clement, della disposizione alla diversità, della disposizione ad accogliere prima di tutto un principio di accoglienza.
Ci sono cose che si possono impilare, le piante no. Devono stare una a fianco dell’altra, come dire che c’e’ un numero finito di piante che possono stare dentro al recinto ed è questo che definisce il giardino prima di tutto: essere finito. Ma la sua esperienza non ha limiti. Non hanno limiti i pensieri che si associano ai singoli elementi.
Questo racconto dal mio giardino da tavolo si presenta come un elenco non-scientifico che compone una attitudine all’accrochage, alla costruzione di un mondo in miniatura fatto di piante ma anche di cose. Mai inanimate nel senso dell’essere “senza un’anima”. Ogni pezzo, ogni cosa riporta ad altro in una geografia del vissuto che incrocia il vissuto di altri. Come seguendo dei filamenti sensibili.
1– Ficus Microcarpa Ginseng-China. Asia
Mi ricordo che al tempo ascoltavo più musica elettronica inglese… poi vennero i Lali Puna e i Notwist e le cose cambiarono.
2– Pachipodium Lamerei – Palma del Madagascar. Africa
Nel 2003 ci fu quel caldo eccezionale che fece morire una quantità enorme dei miei cactus
3– Dracaena Sanderiana– Lucky Bamboo. Africa
“Non pensare ma osserva” dice Wittgenstaein da qualche parte che non ricordo più.
4– Fockea Edulis– Sud Africa
5– Adenium Arabicum. Arabia e Africa Orientale
Nel mio giardino da tavolo ci sono molte piante velenose. Da questa, dalle sue radici, si trae un veleno che immobilizza il cuore, Lo usavano bagnando la punta delle freccie. Ricordo che un giorno ho inavvertitamente assaggiato il siero che usciva da una delle sue foglie: non avevo mai sentito nulla di così amaro.
6. Boweia Volubilis. Sud-est Africa
7– Pachira aquatica– Brasile. America del Sud
8– Calibanus hookeri – Mexico. Centro America
9– Scilla violacea – Ledebouria socialis. Sud Africa
10– Aloe Vera. Mediterraneo
11– Tillandsia Xerographica
12– Tillandsia Xerographica
13– Tillandsia Xerographica
14– Tillandsia Xerographica
15– Lavalamp rosso carminio. Europa
I colori sono parte integrante del mondo. Non per fare una facile psicologia dei colori ma ci sono davvero colori che rendono felici. John Berger, un giorno, incontrando John Cristie, un amico artista, in un aeroporto, gli parla dei colori e della loro importanza. Da quel breve dialogo nasce una corrispondenza fatta solo di “colori” declinati nelle cose che li circonderanno ei giorni successivi l’icontro nell’aerporto. Il tutto è visibile nel volume I send you this Cadmimu Red
16– Adenia Fruticosa– Tanzania. Africa
Altro discorso vale per le forme. Ricordo di avere comperato (e letto) un tempo un libro sull’arte e la terapia di tale Viktor Lowenfeld che divideva le persone tra visive e tattili. Il libro titolava “La natura delll’attività cretarice” e si occupava di letture di psicologie dell’arte sul tema del disegno infantile (Edizione Nuova Italia, 1968). Ricordo che leggendolo mi ero convinto di riconoscermi nella categoaria tattile: ogni volta che guardo qualche forma il mio corpo tenta di assumerne la stessa postura.
Non sono tutti molto d’accordo con questa mia idea.
Questa Adenia è unapiante davvero straordinaria per forma. Nel fusto assomiglia ad un Baobab; le foglie sono invece pentalobate, come dei penta-fogli. Ne sono subito rimasto affascinato per la sua forma quando l’ho comperata. La Schleich, la ditta che produce anche i Puffi. ha in produzione un albero Baobab giocattolo che quasi gli somiglia e al quale sto facendo la posta da tempo.
17– Cereus Aethipis
18– Poliscia. Brasile. America del Sud
19– Alocasia Amazonica– Sud-est asiatico
20– Coffea– Pianta del Caffè. Africa
21– Rosa di Jericho– Medio oriente
22– Crassula Tetragona. Sud Africa
23– Aeonium Hawortii. Isole Canarie. Africa
Le piante sono fonte di studio da un punto di vista formale, ma la dimensione concettuale della natura è quella che più mi affascina quando penso in chiave di progetto. Questo in una dimensione liberata dalla tradizionale opposizione uomo-natura.
24– Rosa di Jericho. Medio oriente
25– Pachyphytum bracteosum. Mexico. Centro America
26– Senecio mandraliscae. Diffuso in tutto il pianeta
27– Crassula ovata. Sud Africa
Questa serie di piante le ho raccolte dai giardini altrui: sono pezzi di piante prese e piantate per talea recuperate girando. Costruire un giardino, per quanto sia d’appartamento è cosa diversa dal comperare solamente. Prendere un pezzo di pianta da una parte e farlo ricrescere è un’esperienza che crea un ulteriore filamento sensibile con il pianeta (parlo di piante non tutelate perchè quelle rare è sempre meglio lasciare nel loro habitat naturale)
28– Nerium Oleander– Oleandro Bianco. Mediterraneo
29– Sedum Acre. Europa
30– Sedum Acre. Europa
Le due piante precedenti le ho trovate su di un muro lungo la passeggiata di La Spezia; piante selvatiche che hanno un ricordo legate a Second Life. le ho prese quando ero con Roberta e Laura e lì si parlava di Second Life e delle cose che stavamo facendo. Forse per questo motivo quando ho fatto la Lucania Lab ho progettato un sistema di “piante” che ricordano le Crassule.
31– Rosa “Kassel”
32– Senecio Rowleyanus. Europa
Questa pianta l’ho presa sulle rive di un fiume, sopra ad una roccia dove il sole “picchia caldo”. Nel corso di questo inverno il Reno ha ritrovato la potenza di anni ormai dimenticati: onde altissime avevano sradicato parte di queste piante e le avevano gettate sul sentiero di pietra pietra. Prendere le piante, in questo caso, assume ancora di più il senso di “prendersene cura”. Ho sempre pensato che la frase “prendersi cura di qualcuno o qualcosa” fosse slegato dallo scambio economico. Per questo le piante raccolte hanno un particolare valore.
33– Echeveria Agavoides
34– Fragaria Vesca– Fragola. Europa
35– Perilla frutescens– Shiso Basilico Giapponese. Asia
36– Tephrocactus articolatus var. Papyracanthus– Oligacanthus o Opuntia.
37– Pietra selenite Europa
38– Modello della Fernsehturm. Berlino, Europa
39– Modello della Torre di Asian in plexyglass per la mostra Rinascimento Virtuale
40– Pietre. Europa
Dentro a questo contenitore, come in altri vasi “intorno” ci sono pezzi di mondo minerale che sono come la “calcificazione” di un ricordo dentro questo spazio. Sassi, conchiglie raccolte intorno. Comprese due polaroid che ho “preso” dove si vedono piante raccolte in immagini e altri oggetti: in particolare due elementi: una scheggia di 1 metro circa di una quercia colpita da un fulmine e un piccolo pupazzo proveniente dal Giappone raffigurante Totoro, un guardiano della foresta inventato dal grande Mihiazaky.
41– tappeto in cotone verde plissé
42– Nokya N82. Finland. Europe
43– Gilles Clement, Le jardin en Mouvement de la valleé au Jardin planétaire. Sense e Tomka. Paris, 1999
44– Gilles Clement Les Jardin planétaires. Jean-Michel Place. Paris 1999
45– Tim Richardson. Avant Gardeners. 22Publisghing. Milano 2008
46– Rolf. A. Stein. Il mondo in piccolo Giardini in miniatura e abitazioni nel pensiero religioso dell’Estremo Oriente. Il Saggiatore. Milano, 1987
47– Joshui Oshikawa. Manual of japanese flower arrangement. Kyoei p.co. Tokyo, 1957
48– George Perec. Specie di spazi. Bollati Boringhieri. Torino, 1989
49– George Perec. Mi ricordo. Bollati Boringhieri. Torino, 1988
50– Elisée Reclus. Storia di un russello. Eleuthera, 2005
51– MacBookPro. Apple. California. America settentrionale
52– Patric Blanc. Il bello di essere pianta. Bollati Boringhieri. Torino 2008
53– Fischli Weiss. Flowers and questions. TATE. London, 2006
54– Taryn Simon. An american Index of Hidden and unfamiliary. Steidl. Koln, 2007
55– John Maeda. Maeda e media. Thames and Hudson. London, 2003
56– Guido Gozzano. Tutte le poesie. Meridiani Mondadori. 1980
57–Salvatore Quasimodo. Il fiore delle georgiche. Traduzioni . Mondadori, Milano 1952
58– David Toop. Ocean of sound. Costa e Nolan. Milano 1999
59– Sottofondo musicale. last.fm – Stazione radio di World’s End Girlfriend – Japan
Ho letto su un libro questo incipit:
A me conviene scomparire il più discretamente possibile.
Robert Walser