1969, Alpe di Siusi, dal cassetto di famiglia
Ricordare, riconoscere, cancellare, manipolare, smarrire, costruire e perdere ricordi e falsi ricordi sono tutte azioni psichiche che compiamo quotidianamente nelle situazioni che attraversiamo. “Carichiamo” e “scarichiamo” continuamente immagini dalla nostra mente; le mettiamo a continuo confronto, consapevole o inconsapevole, per costruire il paesaggio del nostro vissuto quotidiano.
Ci sono immagini che probabilmente ci portiamo dentro che non siamo in grado di riconoscere o di ricordare, immagini ed esperienze immemorabili, tanto lontane nella nostra memoria da non essere capaci nemmeno di pensarne l’esistenza. Sono immagini che se si ha l’occasione di rivedere non solo permettono di ricordare ma permettono anche di riannodare elementi apparentemente scollegati tra loro. Permettono di ricomporre alcuni elementi sparsi per dare un nuovo senso alle cose intorno. Hanno in sé una certa preveggenza che si manifesta nell’atto della visione, solo dopo che sono state “riviste”.
Luigi Ghirri è un fotografo che chi ha fotografato e chi “guarda” o chi lavora sullo sguardo del paesaggio non può non conoscere.
Troppe volte confuso con un meditativo e contemplativo del paesaggio, è un fotografo che ha un approccio concettuale, è un fotografo dei margini, di ciò che il tradizionale paesaggismo non si curava al tempo.
Venticinque anni fa era ripartito per un “Viaggio in Italia” che muoveva intorno alle periferie, ai luoghi lontani dalle attenzioni delle guide turistiche. Era ripartito dai dettagli del paesaggio per ricostruire una visione non solo fotografica dell’Italia; un’Italia fotografata per come si presentava realmente nel flusso della grande trasformazione epocale degli anni tra i settanta e gli ottanta.
Ghirri documenta un paesaggio che non sta sparendo ma che sta cambiando; un paesaggio sempre più frammentato. Il paesaggio, la sua idea, potrebbe essere letto con gli strumenti della psicanalisi: ai paesaggi coerenti, raccontabili attraverso la forma del panorama, succede un territorio di frammenti e di relitti, un territorio di scarti dimenticati, cancellati, rimossi.
Quei paesaggi che Gilles Clement pone all’interno del “Manifesto del terzo paesaggio”.
Quei paesaggi raccolti e reinventati dallo stesso Ghirri come nello stesso momento faranno nella Francia i lavori della Mission Fotographique de la D.A.T.A.R..
La fotografia, prima dei geografi, degli urbanisti e dei paesaggisti, svela come sta cambiando il paesaggio in Europa; non ha in mente una chiave quantitativa; pensa al nuovo modo di abitare; in altre parole, i fotografi, riconoscono e ridefiniscono l’immaginario del paesaggio.
Questo è il potere delle immagini: una immagine non è solo una realtà visiva ma soprattutto è la rappresentazione di ciò che la cultura può offrire, ricordare, nascondere ecc…
sono una …vicina di casa, o quasi, vedo che architettiamo entrambi vie, e vite,evi chiamando in echi e altri evitando di smuovere dalla tana. Trovo che sia difficile, per noi che di natura siamo migranti, si guardi dove abitiamo (il pianeta terra e dove vada questo a nostra totale insaputa), trovare direzioni,tutte sono …ROTTE.
Grazie per i contributi, interessanti.Tornerò.fernanda (cartesensibili)
quello che hai visitato è uno dei blog che curo.Cartesensibili lo curo per il gruppo de Il Ponte del Sale, casa editrice e gruppo culturale.Ti lascio il link:
http://cartesensibili.wordpress.com/
a presto,ferni
Quel “Carichiamo e scarichiamo continuamente immagini dalla nostra mente”, mi ricorda un libro che ho letto tanti anni fa, ma che ha lasciato un imprinting così forte che ancora la traccia è viva in me. Il libro in questione è “L’io della mente”, di Dennet ed Hofstader. Una raccolta di saggi veramente eccelsa, la consiglio. Tornando al senso della frase, Ghirri in questo senso può definirsi in fondo un comtemplativo. O meglio, un elaborativo, se vogliamo proseguire con la metafora informatica. Elabora delle immagini che carica attraverso la periferica oculare, e scarica il processo di una elaborazione su un nuovo supporto. Sperando che chi dovrà pianificare quei luoghi oggetto di elaborazione, possano riuscire a tornare su tale elaborazione…