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In viaggio per Roma. Verso un un nuovo lavoro che si inaugura questa sera.
In viaggio in treno, ora, con tutto me stesso all’interno di certe idee che mi porto dentro/dietro da tempo.
Da qualche parte devo avere scritto che i corpi sono spazi: oltre alla sua natura biologica contengono “cose” disposte secondo un ordine che non è sempre deciso da noi ma più spesso deciso dalle cose stesse.
I luoghi del corpo sono sensibili all’esterno: registrano spostamenti non solo fisici ma anche su altri diversi piani: del simbolico, del significato e di altri livelli. Ma aprono anche un dialogo costante all’interno della costruzione di doppi. Come un processo di costruzione di spazi “avatar” dentro di noi che poi sentiamo il bisogno di proiettare verso l’esterno attraverso strategie di costruzione, di significazione. Rispondere allo spazio dopo che questo è entrato in noi e ci ha posto una domanda. E’ come se gli spazi sentissero il bisogno di esser definiti da chi li attraversa.

Tempo fa inaugurai – sotto la cura di Maurizio Giuffredi – un nuovo progetto di Galleria d’arte a Bologna all’interno di un luogo particolare, un laboratorio di partecipazione che per lungo tempo e ancora oggi studia modelli di lettura e modificazione del territorio, XM24. Di loro ne parlai anche qui.
L’edificio in passato era stato usato dal Mercato Ortofrutticolo di Bologna. Quel pavimento ha registrato tutti i movimenti delle persone e delle cose che gli sono avvenuti sopra: macchie di pittura, segni, abrazioni: tutto visibile. Rinnovare la funzione di questo luogo attraverso una installazione site specific era l’unica condizione per potere procedere. L’unica possibilità per fare questo era operare con una procedura che non fosse di cancellazione della storia dello spazio ma nemmeno di conservazione. Era per me necessario sottolineare quella storia nel momento stesso in cui la si stava per perdere, attraverso il tema del doppio, di una immagine specchiata costruita fisicamente che dividesse e preparasse alla perdita, una forma di lutto.

Per questa “rielaborazione del lutto” della funzione dello spazio come luogo di lavoro ho applicato la tecnica dello strappo, aiutato da un restauratore – Davide Riggiardi. Una volta strappata la patina, è stata applicata sul muro adiacente, in verticale. Lo spazio e il suo doppio – la mia “proiezione” di quello spazio – erano in scena e la galleria fu aperta.

Stasera NON un’altra storia.

Catalogo della mostra. Le foto pubblicate nel catalogo sono di Daniele Lelli

Foto dell’allestimento

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1969, Alpe di Siusi, dal cassetto di famiglia


Ricordare, riconoscere, cancellare, manipolare, smarrire, costruire e perdere ricordi e falsi ricordi sono tutte azioni psichiche che compiamo quotidianamente nelle situazioni che attraversiamo. “Carichiamo” e “scarichiamo” continuamente immagini dalla nostra mente; le mettiamo a continuo confronto, consapevole o inconsapevole, per costruire il paesaggio del nostro vissuto quotidiano.
Ci sono immagini che probabilmente ci portiamo dentro che non siamo in grado di riconoscere o di ricordare, immagini ed esperienze immemorabili, tanto lontane nella nostra memoria da non essere capaci nemmeno di pensarne l’esistenza. Sono immagini che se si ha l’occasione di rivedere non solo permettono di ricordare ma permettono anche di riannodare elementi apparentemente scollegati tra loro. Permettono di ricomporre alcuni elementi sparsi per dare un nuovo senso alle cose intorno. Hanno in sé una certa preveggenza che si manifesta nell’atto della visione, solo dopo che sono state “riviste”.

Luigi Ghirri è un fotografo che chi ha fotografato e chi “guarda” o chi lavora sullo sguardo del paesaggio non può non conoscere.
Troppe volte confuso con un meditativo e contemplativo del paesaggio, è un fotografo che ha un approccio concettuale, è un fotografo dei margini, di ciò che il tradizionale paesaggismo non si curava al tempo.
Venticinque anni fa era ripartito per un “Viaggio in Italia” che muoveva intorno alle periferie, ai luoghi lontani dalle attenzioni delle guide turistiche. Era ripartito dai dettagli del paesaggio per ricostruire una visione non solo fotografica dell’Italia; un’Italia fotografata per come si presentava realmente nel flusso della grande trasformazione epocale degli anni tra i settanta e gli ottanta.

Ghirri documenta un paesaggio che non sta sparendo ma che sta cambiando; un paesaggio sempre più frammentato. Il paesaggio, la sua idea, potrebbe essere letto con gli strumenti della psicanalisi: ai paesaggi coerenti, raccontabili attraverso la forma del panorama, succede un territorio di frammenti e di relitti, un territorio di scarti dimenticati, cancellati, rimossi.
Quei paesaggi che Gilles Clement pone all’interno del “Manifesto del terzo paesaggio”.
Quei paesaggi raccolti e reinventati dallo stesso Ghirri come nello stesso momento faranno nella Francia i lavori della Mission Fotographique de la D.A.T.A.R..
La fotografia, prima dei geografi, degli urbanisti e dei paesaggisti, svela come sta cambiando il paesaggio in Europa; non ha in mente una chiave quantitativa; pensa al nuovo modo di abitare; in altre parole, i fotografi, riconoscono e ridefiniscono l’immaginario del paesaggio.
Questo è il potere delle immagini: una immagine non è solo una realtà visiva ma soprattutto è la rappresentazione di ciò che la cultura può offrire, ricordare, nascondere ecc…




1979, Alpe di Siusi, Luigi Ghirri

conserving-kublai


Conserving kublai, Neo Kublai – Installazione




Un mio pensiero: Second life non è in decadenza ma sta penetrando lentamente in una nuova dimensione più contemporanea alla ricerca della rappresentazione del “mondo”, dei mondi. SL e noi come avatar abbiamo raggiunto una “maturità” tale da farci percepire una distanza tra l’esperienza e un ricordo dello spazio. Si avverte fugacemente una distanza fra un senso passato e un senso attuale che alcuni potrebbero vivere come una percezione “incompleta”. Questo scarto è misurato nel tempo delle cose che suscitano in noi un sentimento dello stesso tempo. Lo stesso sentimento che si prova di fronte alle antiche vestigia, a luoghi che si sono vissuti nel passato alle cose che abbiamo appartenuto*.
Questa attitudine verso le cose e verso il tempo si rende evidente quando ci poniamo sulla soglia del rinnovamento, ad esempio.
Il re-design di una land è il momento per rinnovare e riaggiornare i “contenuti” ma è anche occasione per creare una installazione che indaga alcuni aspetti della natura del metaverso. Parlo del rinnovamento dell’isola-porto dei creativi: Kublai.
Le installazioni sono la tipologia artistica più rappresentativa della contemporaneità.
Le installazioni rappresentano con la loro temporaneità meglio di ogni altro medium l’essere e il tempo del momento. Ma non è solo un medium: è luogo di esperienze.
Neo-Kublai è un trapasso dalla rappresentazione autoreferenziale della creatività, della pittura e della scultura a una rappresentazione referenziale in situ: la creatività si localizza e diventa un intervento nel e con il mondo. Ciò che conta è la posizione e l’ubicazione e cioè l’esserci nel tempo giusto.
Una installazione sul “tempo delle cose digitali”, sul tema della conservazione del patrimonio digitale (qui si ricorda l’appello di Mario Gerosa sulla conservazione dei beni digitali all’Unesco e il testimone raccolto dal Museo del Metaverso e da Uqbar).

*Approfondimenti sul tema del “sentimento del tempo”: Marc Augé; Rovine e macerie; 2004, Bollati Boringhieri, Torino

ANCESTORS


L’uomo di Cro-magnon* del museo di Les Eyzes mi guarda al passo del Gran San Bernardo.


Credo che ognuno di noi si porti dietro delle matasse che crescono con l’accumulo dell’esperienza. Queste matasse sono fatte di fili che si costruiscono di giorno in giorno. A volte si intrecciano e altre volte si ingarbugliano. Queste matasse le portiamo in una tasca non meglio precisata ma crescono continuamente. A volte ho la sensazione di riconoscere le persone che le portano con sè da come si muovono. Sono come fili che ci legano al tempo e allo spazio, ci tengono “presenti” al nostro tempo e nello stesso tempo ci fanno sentire presenti in tutti i tempi.
Ad ogni viaggio, per ogni spostamento che si compie in altri luoghi i fili che compongono queste matasse crescono, sempre più. Quella che sto costruendo con queste parole è la presenza fisica di una mia memoria che cresce come cresce una pianta: per cresecere non è sufficiente mettere acqua. Si devono creare le situazioni affinchè si creino le condizioni migliori perchè vi sia una crescita. Non ho mai concepito l’idea della vacanza come interruzione: eventualemente è un appuntamento atteso con noi stessi, il momento nel quale è possibile riconoscersi nelle proprie intenzioni, nelle proprie ricerche.
Quasi per caso a Roma, ad Ars in Ara aprii la relazione con le pitture della grotta di Lascaux. In quelle grotte poi ci sono stato proprio in quest’ultimo viaggio (in realtà si visita la Second Lascaux perchè la prima è troppo delicata). Partii da lì per dire che l’ambiente immersivo di Second Life è un ambiente scritto, disegnato e lo abitiamo oggi come sempre l’uomo ha abitato i propri spazi: rivestendoli della proprio modo di vedere il mondo, del proprio modo di rappresentare il mondo intorno a sé.
Ma questa è solo una premessa.

* “L’adolescent du Lac Turkan” -Il modello è esposto al Musée National de Prehistoire di Les Eyzies de Tayac – Dordogne

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ACAPO2


Un piccolo segnalino per dire…

punto a capo, restart