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“Questa donna su Marte fa impazzire Internet”
Titolo dal portale www.Messaggero.it del 24 gennaio 2008

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Sandro Botticelli (Firenze 1445-1510)
Venere e Marte – 1483 ca. – tempera su tavola – cm. 69 x 173 – Londra, National Gallery

Quanto accade da alcune ore sul web ci parla molto bene del nostro modo di guardare. Forse i marziani sono tutti psicanalisti e ci stanno analizzando con le macchie di Rorschach. Quando si dice il caso. Proprio ieri, il 23 gennaio, scrivo di fotografie e di quanto siano difficili da leggere, conoscerne i contenuti, Poi leggo sul 24′ (freepress del Sole 24 ore), di una foto scattata su Marte dove sembrerebbe riconoscersi la figura di una persona.

Se sia donna o uomo poco importa ma questo già la dice lunga sui nostri pregiudizi: solo perché sembra essere una persona con abito lungo si dice che sia donna: forse le “maison” decidono come ci si veste anche su Plutone e Giove?
Sarà, forse, per i capelli lunghi? Dagli anni 60 in poi non misuriamo più l’appartenenza di genere a centimetri di capello.

Le interpretazioni che si leggono sui vari giornali, pagine web, ecc… mi suggeriscno di ricordare un aspetto della ricerca che rivela un difetto: continuare a cercare ciò che già si conosce è un limite alla conoscenza stessa. Con un poco più di fantasia si potrebbe vedere, in quell’ombra, un sasso di Munari. un elefante a zampe all’aria, o un avatar che balla in second life. Ufologi, scientolo, cattolici, scienziati, idealisti: chiunque può vederci quello che vuole.
Forse ha solo ragione la Cameron con il suo libro The myth of Mars and Venus (il mito racconta di Venere che scende su Marte e del trionfo dell’amore); Deborah Cameron mira a rompere altri tipi di pregiudizi, non visivi ma legati alla lettura dei comportamenti dei sessi e delle identità di genere: il pregiudizio del Marte taciturno, furente e guerriero e la donna-Venere logorrica, sentimentale tra le nuvole.

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IL COSMO IN UNA SCATOLA DI BISCOTTI
Nella notte tra il 3 e il 4 gennaio del 1958 termina il suo volo lo Sputnik che, in una caduta ellittica durata 92 giorni, si disintegra all’impatto con l’atmosfera.
Il cosmo, solo immaginato fino ad allora come luogo della mente (dai miti più lontani – Bellerofonte, Icaro ecc…- alle storie di Jules Verne visualizzate da Méliès e studiate scientificamente da Kostantin E.Tsiolkovsky), diventa un luogo reale, antropologico.
Durante la sua breve esperienza nel cosmo, lo Sputnik inviava a terra semplici segnali sulla temperatura del cosmo. Non è stato solo il nostro compagno di viaggio, traduzione letterale della parola Sputnik, ma è stato il primo apparecchio sensoriale che si staccava dalla terra, la prima protesi dell’intero pianeta che cominciava non solo a guardare ma a “sentire” il cosmo. L’astronomia lascia il posto alla cosmonautica.

Volete costruirvi il vostro Sputnik? Facile come bere un bicchier d’acqua, anzi, come mangiare un biscotto. Vediamo come.
Lo Sputnik, era una sfera di alluminio di 58 cm di diametro con quattro antenne lunghe 2 metri e mezzo. Al suo interno conteneva cose che oggi possiamo tranquillamente avere anche in casa: una batteria, un termometro d’ambiente a mercurio, un termostato e un barostato (dispositivo per il controllo della pressione analogo a quello delle caldaie domestiche), una piccola ventola di raffreddamento attivata dal termostato e infine un trasmettitore simile ad un router wireless. Tutto questo oggi potrebbe stare in una scatola di biscotti.
Per saperne di più guardate qui.

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Le immagini sono tratte da: Michail Vasiljev, Puteshestvie i kosmos, Izdatelstvo Sovietika Rossia, Mosca 1958.
(244 pagine, illustrato b/n, con 10 tavole a colori fuori testo)