Ho messo come titolo questa parte di testo di Italo Calvino dalle Città Invisibili (pag. 8 nell’edizione Einaudi, testo di riferimento: edizione 1972), perchè leggendo il post di Roberta sull’incontro di Piero avvenuto ieri mattina a Pesaro mi frullava per la testa un pensiero: che il deserto, quello metaforico e geografico forse è proprio quella città, Dubai. Proprio perchè vi può accadere di tutto.
All’università ricordo che mi insegnavano che l’architettura era tutto tranne il puro deserto (in memoria di John Ruskin). Uno cresce con l’idea che i deserti sono vuoti poi vede un film come Fata morgana o Apocalisse nel deserto di Werner Herzog, oppure sfoglia il catalogo Desert America, per rendersi conto di un paradosso o meglio che è proprio quello il territorio del paradosso:”in un paesaggio dove nulla ufficlalmente esiste (altrimenti non sarebbe deserto) nulla potrebbe essere pensabile e potrebbe accadervi” (fin qui avrebbe detto Reyner Banham)… ed invece vi accade proprio di tutto.
Immagine sopra: una vecchia cartografia da foto aerea zenitale della Repubblica Islamica della Mauritania, Parigi, Istituto Geografico Nazionale. Da Traveses/19 Le desert. Edito a Centre George Pompidou. Revue trimestrelle du Centre de Creation Industrielle, June 1980
infatti forse bisogna precisare che l’idea del deserto, sia geografica che metaforica, funziona bene in quanto rappresenta il referente ideale (ottimo e astratto) del capitale, anzi: del Capitale. La geografia, si diceva ieri con Piero a pranzo, è una scienza in declino, perchè costringe a tener conto dei vincoli della materia, quelli posti dalla terra (la Terra) con tutta la sua varietà, con le sue differenze che sono tali e non riducibili, non possono essere trascese. Almeno, non possono essere trascese senza che questo “far finta che non esistono” non produca comunque delle conseguenze. La geografia in altre parole è una scienza in declino perchè mette di fronte ai vincoli della materia, mentre la modernità (il capitale, quello di prima) per sua natura vuole trascenderli. In questo senso Dubai non è “il deserto”, concordo con te, più precisamente Dubai si propone come “il deserto”, ossia un luogo vuoto, libero da vincoli posti dalla storia e dalla geografia (dalla memoria e dalla materia), e quindi libero di assumere tutte le forme richieste, in particolare dal mercato. Per questo mi pare che Dubai possa essere un “deserto” interessante, per me che non mi interesso del deserto geografico. Un luogo che si comporta “come se” fosse vuoto, libero, liquido (fatto di sabbia soltanto, che può assumere rapidamente tutte le forme del mondo).
Grazie a Sarah scopro questo blog. Il caso del deserto che ‘deserto’ non è, mi riconduce ai tanti interessanti punti con cui la linguistica e la semiotica giocano a ping-pong. Eppure, questi giochini con/della lingua non smettono mai d’affascinarmi. Mi viene in mente anche un altro particolare, legato alla descrizione bibliografica del documento musicale (descrivere a ‘parole’ un oggetto scritto in ‘musica’: una bella sfida semiotica ancor più che biblioteconomica!); si trattava della distinzione tra pagina ‘bianca’ e pagina ‘vuota’… e si finiva per scoprire che nel ‘deserto’ si potevano leggere tante cose nuove rispetto alla pagina notata!
[…] alle Alpi e ritorno, di cui ho parlato qui, mentre le riflessioni di Fabio Fornasari le trovate qui e quelle di Laura […]