Archives for category: second life

On the other side of the Mirror of Life

“history begins when I wake up. and it ends when I go to sleep”
(giornalista colombiano)

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Isola Style Magazine

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Snapshot di Joannes Bedrsosian da www.unacademy.ning.com

Ogni forma d’arte ha sviluppato il proprio intreccio per non essere pura forma: il plot come intreccio di un’opera drammatica o di narrativa, stabilisce l’organizzazione logico-sintattica del discorso, in rapporto alla forma. Ciò che manca spesso, in second life, è appunto questo: il plot (che mai deve essere unico per gli spazi dell’arte). Non è il caso di ieri sera.

La notte dei vizi, perfomance allo Style Magazine sotto la direzione di Roberta Greenfield e l’animazione di Drago.
Anche ieri sera ho avuto conferma di un mio pensiero: a dispetto di tanti luoghi comuni, Second Life, è in se una costante performance metaforica della “disponibilità” e della “volontà” di mettersi in gioco; misura con costanza la nostra capacità di assumere una capacità di azione verso il mondo che ci circonda, verso i possibili stimoli che ci vengono offerti.

The avatar (Asian Lednev): this is my body
Tradizionalmente , il corpo umano, il nostro corpo, è la nostra materia prima e luogo (location, site specific) per qualsiasi creazione. Il nostro corpo è un libro aperto, uno strumento musicale, il grafico per la navigazione nello spazio e la mappa biografica… il corpo è il centro del nostro universo simbolico, un piccolo modello della conoscenza globale.

Una performance dialoga sempre con dei corpi (Richard Schechner), così come dialoga attraverso gli avatar nel web (come dice anche Guillermo Gomez-Pena). La performance lavora sui confini, sulle frontiere. Le frontiere sono tra le uniche cose che condividiamo tutti. La notte del vizio è stata una esperienza di frontiera. Ma non tanto per le “trappole” e i “dispositivi” predisposti dall’artista. Piuttosto per avere condiviso, ognuno di noi, le reciproche “frontiere” dove sperimentare l’avatar e per poter dire infine : questo è il mio corpo.

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Gazira Babeli

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Performance in Locusolus di Gazira Babeli

Ho appena chiuso un post “giocando” con una parola, magia (nel senso rinascimentale del termine: conoscenza scientifca + abilità). Leggo l’inconfondibile post di Laura.
I contenuti si somigliano (capita spesso). Si parla di incorporare.
Nell’arte di oggi sono importanti i temi. L’artista deve avere una conoscenza scientifica notevole e anche lo “spettatore” deve “conoscere” gli strumenti di lettura e disponibilità a apartecipare in una dimensione performativa rinnovata dalla cultura interattiva (digitale nel senso di attitudine). Appena un accenno per un discorso molto più ampio (da farsi) sull’arte in SL.

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Carlovitz 133,66,67 Wheat field of Hoto, Artist Community

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Asian Lednev in viaggio nel suo spazio. Carlovitz 133,66,67 Wheat field of Hoto, Artist Community

Fino a questo punto ho volutamente evitato di parlare di architettura. Specie in relazione a second life. Altrove ho parlato di una dimensione tutta performativa e immerisiva in second life. Non mi interessano le forme dell’architettura o gli stili, ma i concetti che sviluppano, i comportamenti che suggeriscono. Lo spazio che mi interssa è concettuale e non contemplativo. Diciamo così: per ora sono in viaggio e spedisco queste due immagini. Al mio “ritorno” poi ne parlerò.

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arazzo contemporaneo © Fabio Fornasari

For the inhabitants: who know what is to be an avatar

Con la permanenza (ormai non più sola immersione) in Second Life, io come altri, abbiamo in qualche modo cambiato le nostre percezioni. Personalmente, l’auto-osservazione è cambiata facendomi nascere un piccolo pensiero: Second Life non è una tavola lucida a cristalli liquidi dove le situazioni non lasciano tracce, dove le persone non si intrecciano. Anzi. Si è composto nella mia testa come un arazzo dove le persone si sono costruite punto per punto, i fatti si sono annodati e hanno costutuito una figura chiara. Non siamo malati di digitali, siamo semplicemente noi stessi in tutto ciò che facciamo. Come scrive anche Laura Liu Lunasea nel suo post e come scriverà Roberta Rosa Wechter in futuro.

Avatar who know

Velas Liunasea
Monica Fayray
Roberta Greenfield
Junikiro Jun
Clarita Laville
Frank Koolhas
Joannes Bedrosian
Eliver
Fabius Alter
Deneb Ashbourne
. . . . . . ning . . . . . .

scusate le omissioni, l’elenco si allungherà certamente. le persone che ho scelto ne hanno parlato nei loro blog.

SOTTO LA PELLE DELL’AVATAR? NIENTE? … SICURI?

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Pelle trasparente di un modello medico

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Inside information 001: autoritratto come Asian

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Inside informatio 002: Joannes Bedrosian (sperando non me ne voglia)

Per poter dare una risposta corretta alla domanda d’apertura credo che innazitutto ci si debba immergere coscientemente dentro i mondi metaforici. Non “guardarci dentro” ma dal di dentro. (il metodo immersivo).

La conoscenza di noi stessi, della nostra immagine corporea coincide con la conoscenza dei confini del nostro corpo. La pelle è la prima frontiera che conosciamo fin dalla nascita.Ogni essere vivente, ogni organo, ogni cellula ha una pelle o una scorza, tunica, involucro, carapace, membrana, meninge, armatura, paratia, pellicola, pleura…

Nel corpo umano, la pelle è più che un organo, è un insieme di organi diversi. Non è solo organo di senso ma svolge funzione biologiche, metaboliche.La pelle di ogni animale, compreso l’uomo, è un involucro che contiene cose. Si dilata e si contrare (si riempe e si svuota) continuamente in quanto respiriamo.La pelle dell’avatar apparentemente non contiene nulla. Come si vede nella foto qui sopra la posso penetrare senza avere bisogno di ferri. Scopro che è vuota di cose materiali (in apparenza), contrariamente a quanto accade per il corpo umano del quale mostro un modello qui sotto.

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Modello medico di corpo umano in resina

RISPOSTA:Per lo psicanalista che io non sono, la pelle ha una importanza capitale: essa fornisce all’apparato psichico le rappresentazioni costitutive dell’Io e delle sue principali funzioni.
Prendo da Didier Anzieu (dal suo volume L’Io-pelle – Edizioni Borla, 1995) un piccolo schema semplice per capire che la pelle ha una funzione che va oltre il dato biologico e che anzi assume un forte valore in relazione alla nostra più profonda persona: all’Io-pelle, la superficie psichica con funzione di intersensorialità che aderisce alla pelle stessa, assegna “tre funzioni: una funzione di involucro, contenitore e unificante del Sé, una funzione di barriera protettiva della vita psichica, una funzione di filtro degli scambi e di iscrizione delle prime tracce, funzione che rende possibile la rappresentazione. A queste tre funzioni corrispondono tre raffigurazioni: il sacco, lo schermo, il setaccio”. (pag 123)

In altre parole quella cosa lì, quel sacco che contiene un vuoto digitale in realtà è qualcosa di noi, e ha le stesse funzioni della nostra pelle nel momento in cui diventa la nostra pelle vicaria (non virtuale).Anche la pelle dell’avatar (l’io-pelle – Didier Anzieu) è una superficie psichica con funzione di intersensorialità.
Come per la pelle del nostro corpo, che assolve una funzione di sostegno dello scheletro e dei muscoli, cosi la pelle dell’avatar adempie ad una conservazione della vita nostra stessa psichica negli ambienti metaforici.

P.S: Altro contribuo al corpo come tema condiviso con Laura.

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Architettura di carta 001: costruita su Huizinga, Callois, Alinovi, Gerosa

FONDAMENTA
” (…) Insieme al gioco però si riconosce anche, volere o no, lo spirito. Perchè il gioco, qualunque sia l’essenza sua, non è materia. Oltrepassa già nel mondo animale i limiti dell’esistenza fisica. Riguardo a un mondo di immagini come determinato da un mero rapporto di forze, il gioco sarebbe una sovrabbondanza nel senso proprio della parola. Solo per la presenza dello spirito (…) l’esistenza del gioco diventa possibile, immaginabile, comprensibile. L’esistenza del gioco conferma senza tregua, e in senso superiore, il carattere sopralogicodella nostr apresenza nel cosmo.
(…) L’uomo che volge lo sguardo alla funzione del gioco, non nella vita animale, né nella vita del bambino, ma nella cultura, ha il diritto di impadronirsi del gioco là dove la biologia e la psicologia lo trascurano. (…) Trova dappertutto presente il gioco come un proprio modo d’agire che si distingue dalla vita “ordinaria”. (…)
Gioco non è la vita “ordinaria” o vera. E’ un allontanarsi da quella per entrare in una sfera temporanea di attività con finalità tutta propria. (…) tale coscienza di “giocare soltanto”, non esclude che questo “giocare soltanto” non possa avvenire con la massima serietà, anzi con un abbandono che si fa estasie e elimina nel modo più completo. per la durata dell’azione la qualifica “soltanto”. Il gioco si converet in serietà e la serietà in gioco. (…) Il gioco sa innalzarsi a vette di bellezza e santità che la serietà non raggiunge.”
dal capitolo primo, Natura e siginficato del gioco, pp.6-8 del volume di Johan Huizinga, Homo Ludens, Einaudi, 1973

PIANO TERRA
Mimicry. Ogni gioco presuppone l’accettazione temporanea, se non di un’illusione (per quanto quest’ultima parola non significhi altro che entrata in gioco: in-lusio), almeno di un universo chiuso, convenzionale e, sotto determinati aspetto fittizio. (…) Mimica e travestimento sono dunque le molle di questa categoria di giochi. (…) Il piacere consiste nell’essere un altro o nel farsi passare per unaltro. Ma, al momento che si tratta di un gioco, la questione essenziale non è esattamente quella di ingannare lo spettatore.
(…)
E’ la vittoria della finzione: la simulazione porta a una possessione che, quanto a essa, non è simulata. (…)”
pp 36-37, Roger Callois, I giochi e gli uomini. La Maschera e la vertigine. Bompiani, 1981

PIANO PRIMO
Nel video gioco “… l’utente è presente nell’universo di gioco sempre sotto forma di simulacro (sia esso personaggio poligonale, un cursore o un agente invisibile come in tetris).
(…)
La forma più completa ed evoluta di rappresentazione è quella interattiva … Questa forma è ciò che permette di dimostrare che il gioco non può essere consdierato come una storia, nel senso che il primo può essere ripetuto più volte, consentendo al giocatore di cambiare continuamente strategia, mentre una storia presenta i fatti in una sequenza immutabile e soprattutto, se ripetuta, non presenta nessuna nuova informazione.
(…)
L’homo videoludens, proiezione nell’era digitale dell’homo ludens di Huizinga, si contrappone all’homo ultrasapiens interconnectus, ovvero l’abitante del villaggio globale che opera nella sfera dati grazie a protesi artificiali gestite dal computer”. pag. 51, Francesco Alinovi, Serio Videoludere. Spunti per una riflessione del Videogioco in: Matteo Bittanti, a cura di, Per una cultura dei videogames. Edizioni Unicopli, 2004

ATTICO
“L’unico problema vero è credere in questi mondi, ma crederci fino in fondo, legittimando il viaggio quotidiano nell’altra vita e considerandolo a tutti gli effetti una vita vera. (…) Pan diceva che è sufficiente sognare… ma i tempi sono cambiati, la fantasia si è arrugginita e ha bisogno di essere stimolata. (…) Il punto cruciale della realtà virtuale è di non considerarla come un fenomeno da baraccone o come un gioco da eterni bambini. La realtà virtuale è una cosa seria”.
Mario Gerosa – Aurélien Pfeffer, Mondi virtuali, Castelvecchi, 2006

Il post precedente parla di un immaginario della natura legato ad una cultura, quella americana, che incorpora una idea di modernità nella natura stessa: il mito di una società fondata sull’automobile e sull’abitare, dove la cura del prato è la manifestazione di una componente pubblica della vita privata. Altro suggerimento rispetto ai precedenti: rivedere il film The Others (1991) di Alejandro Amenábar.

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Un’opera di Christa Sommerer Laurent Mignonneau

La natura oggi è presa a modello e non è più considerata un solo territorio di conquista. Esiste un nuovo naturalismo scientifico e tecnologico, che considera la natura non più uno stadio primitivo da modificare, ma un modello evoluto da imitare nei processi costruttivi del nuovo. E’ una nuova modernità, diversa, impegnata a elaborare strumenti progettuali più ricchi e meno rigidi per realizzare trasformazioni diffuse che sfruttano energie ambientali e sociali un tempo sconosciute.
Il design, come l’architettura, si è dato un nuovo impegno che non è più quello di copiare la natura nelle sue forme esteriori, l’obiettivo semmai e quello di fare coincidere i due termini e di produrre le architetture con soli pezzi di natura. Geometricamente le nuove architetture sono il frutto per esempio del mondo dei frattali e di altri tipi di geometrie. Queste ci fanno percepire un mondo molto più vicino al nostro. Il mondo digitale per eccellenza, Second Life (da non intendersi più come virtuale), da questo punto di vista è più indietro del mondo reale: lì la natura rappresentata è ancora una imitazione della natura reale, troppe volte frutto di importazioni di file JPEG. Non ha ancora pensato ad una sua natura interna, cosa che credo sarà necessario fare e pensare in futuro. Ci sono rarissimi casi nei quali si incrociano tentativi di progettare una nuova natura, una next-nature per un next-verso. Anche la land Second Nature è ancora ferma alla descrizione e non alla proposizione di una vera seconda natura.
Nel mondo del digitale la digital-art ha prodotto certamente risultati migliori di quelli di SL, almeno per il momento. Per esempio i lavori Christa Sommerer & Laurent Mignonneau che si muovono tra una dimensione che sta tra l’arte e la scienza con loro tanti altri.

Ancora, il lavoro di Reas Casey introduce un interessante ricerca tra il digitale e una nuova forma di natura immateriale. Si tratta della costruzione di immagini che sono il risultato di un algoritmo. come per i frattali il risultato è sorprendentemente una immagine che evoca la natura, ed evocandola risveglia in noi qualcosa.

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Process 6 (Puff 3) 2005 Unique inkjet print on Hahnemuhle Photo Rag 12 inch diameter

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TI Reas Casey, installation at BANK gallery. Photo © Robert Downs

Avevo scritto queste brevi parole come commento al mio post precedente. Poi per ragioni mie di “archiviazione” ho preferito spostarle qui. Segue il testo:

Second life risponde a tutte le regole della visione della real life: prospettiva, proporzioni, tangibilità delle cose. Gli immaginari che vi si compongono all’interno sono quasi sempre arrivati dalla real life. Poche cose sono “originali”, “native” di second life. Per questo, credo, compio queste doppie letture “citando” testi sulla visione, sulla percezione ecc… Per capire i lati deboli di un ambiente nel quale farò certamente delle cose: una stanza tutta per me, ad esempio. Ma non essendo un problema di forma (non voglio disegnare una cosa “bella” ma di “second life”) ci sto lavorando sopra di concetto (capire il valore dei prim organizzati come dispositivo).
Prima di essere un problema di forma è un problema di quantità di informazioni che si possono incontrare, manipolare e trasmettere in SL.
L’immersività deve contenere tutto il corpo non solo quello dell’avatar.

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Asian al Teatro alla Scala (Milano region)

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Al teatro di Voghera, cantiere

La cosa è evidente: è l’occhio che si adatta alle situazioni e non il contrario. Le cose intorno a noi sono le invarianti, tangibili nella loro presenza. A noi non resta che chiudere gli occhi, ma così facendo, ci apriamo verso un vuoto che ci rimanda a visioni che ci riguardano: ciò che si è appena visto e ciò che si ricorda.
La visione si scontra sempre con l’ineluttabile realtà di fronte ai nostri occhi. Ho nella testa alcune parole di Didi-Huberman sul tema del vedere e di una scissione dello stesso (tra vedere e toccare): vediamo ciò che è tangibile, toccabile “come se l’atto del vedere si concludesse sempre con la sperimentazione tattile di una superficie che si staglia davanti a noi, un ostacolo forse traforato, travagliato da vuoti” (pag 6, Il gioco delle evidenze, Fazi editore, 2008)
L’atto del guardare in RL è sempre legato alla nostra persona. La sua “tattilità” è chiara in quanto per spostare la visione dobbiamo comunque muovere il corpo. Aprire e chiudere le palpebre non è solo legato alla visione (all’atto di vedere nel senso della percezione visiva) ma è legato anche al nostro corpo, come il cambiare punto di vista è legato alla nostra posizione nello spazio.

La visione in second life è differente (non dimentichiamo che comunque l’avatar non vede ma ci trasmette informazioni su cosa lui “vede”: nell’ultimo atto siamo comunque sempre noi a tradurre in visione).
L’occhio che guarda – e che cerca disperatamente cose da guardare – si può spostare autonomamente rispetto al corpo-avatar: può essere in soggettiva ma anche funzionare come una steady cam: se blocco la visione su un altro avatar si genererà un piano sequenza (una forma precisa – narrativa – della ripresa cinematografia) che tiene al centro della visione quell’avatar (il target).
Inoltre le cose in second life hanno una caratteristica particolare: davanti a essi non c’è niente da credere o da immaginare perché non mentono, non nascondono niente, nemmeno il fatto di essere vuote. Come le opere del minimalismo “questi oggetti visivi che corrispondono senza resti ai propri confini sospendono ogni capacità ulteriore di immaginare, risucchiandola nel loro muto ingombro”.

Senza troppe parole

Quanto detto per i musei in real life funziona ugualmente nei musei di second life? Lo sguardo e la visione hanno lo stesso valore?
C’è una profonda differenza innanzitutto: la piattaforma Linden innanzitutto uniforma il linguaggio, la “tecnica”, di tutto l’insieme in quanto è la piattaforma la “tecnica” (quando le immagini non sono importate in Jpg ma le opere sono prodotte direttamente in SL). Ovviamente ho usato qui la parola “tecnica” intesa come quella serie di operazioni utili a produrre l’arte: insieme di materiali e abilità.
Opere e corpi (avatar) si fondono così naturalmente in una unica visione che amalgama, include. E’ una delle prime evidenze della dimensione immersiva di Second Life. Come fa notare anche Velas di una immagine che le ho scattato che ha cambiato la sua visione di quell’opera di Milla.

L’occasione per fare questo ragionamento è il vernissage della ricerca fotografica di MillaMilla Noel al museo del Metaverso, un’insieme di autoritratti e “pensieri visivi” sulla femminilità in SL. La pantomima sopravvive anche qui come nella Real Life. Roxelo Babenco in questo ha centrato un obiettivo: costruire un museo (in continua evoluzione) come teatro, scena dove rappresentare, oltre che presentare, l’arte di second life.
Sarei curioso di saper cosa ne pensano Laura e Liu.

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MillaMilla (vista di spalle) espone al Museo del Metaverso

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Guardare gli avatar che guardano nel Metaverso

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Guardare gli avatar che guardano nel Metaverso

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