C’è un aspetto di Rinascimento virtuale difficile da cogliere se si osservano le fotografie su flickr. E’ però nelle parole e negli scritti di Mario: la dimensione sociale dell’arte prodotta in SL. In fondo questa mostra (a fianco dei suoi testi) è il primo fondamentale passo per una storia sociale di Second Life.
A chiusura dell’articolo metto la tenda-comunicativa esposta nella mostra per fornire i primi strumenti di lettura, le chiavi per capirne meglio i contenuti. Un oggetto che fa parte di una serie completa che nessuna fotografia da sola può trasmettere: la tenda con il testo introduttivo di Mario. Tutta la mostra è pensata come una estensione concettuale della rete: la comunicazione non è avvenuta su pannelli museografico, su pannelli didattici, ma è il corpo stesso della mostra. Abbiamo usato la stessa modalità del “mondo” di comunicare attraverso l’ambiente e non attraverso le targhette… ma chi non l’ha ancora vista non può coglierne i valori di novità. E’ una mostra che non può essere giudicata dalle sue fotografie. Come Second Life deve essere vista dall’interno.
Non è una mostra che promuove singoli artisti ma un evento che sta dentro ad una grande narrazione collettiva che è nata in un luogo preciso: Second Life. E’ questa la prima chiave di lettura che differenzia questa iniziativa da qualsiasi altra.
E’ la risposta ad una sfida difficile ed offre un appoggio a tutti i residenti che si sentono parte di una nuova collettività condividendone le basi. Non è la soluzione al problema di lanciare nuovi artisti, individualmente riconosciuti, ma la presentazione di un lavoro che nato in un luogo specifico (di nicchia ricordiamocelo) tenta di farlo diventare universale (rompere la nicchia, dilatarla, allargarla al mondo reale). Trasporre nel reale le cose di second life, come già detto, è paragonabile al Jet-Lag. Tutto cambia. Lo statuto delle cose. Ciò che resta è la dimensione di “mondo”, la dimensione universale della ricerca. L’appartenere ad una idea comune declinata in modo diverso. L’arte dopotutto è sempre stato questo, la costruzione di valori condivisi.
Ci piace guardare, scoprire le cose e andarle a cercare in giro. Guardare produce desiderio. Gli sguardi hanno una caratteristica tattile: come se delle dita invisibili toccassero le cose viste e ne anticipassero un piacere che va conosciuto solo portandoci verso di esse. L’Agosto porta in giro i nostri sguardi e i nostri corpi verso le cose desiderate, verso i posti desiderati. Al ritorno le cose viste si mostrano agli amici (per il tacer di flickr twitpic ecc).
Tra gli sguardi amici c’e’ quello di Roberta che quest’anno ha “toccato” uno dei miei oggetti dei desideri più sensibili: Tokyo e il Giappone.
Ricordo ancora la prima volta che vidi l’edizione integrale di Solaris di Tarkovsky (1972). Scelse Tokyo per rappresentare il futuro già nel 1969 (o giù di lì) al tempo del progetto del film. Non il futuro tecnologico di 2001 (S.Kubrik) ma un futuro “geografico”, che ha a che fare con l’abitare il pianeta.
Per la serie viaggiando con gli occhi degli altri.
da: Elegia dalla russia (1992) Aleksandr Sokurov
Una cosa la so di certo. Non sarà facile scrivere questo Post: per il breve spazio di un post e per l’ecceso di semplificazione che questo comporta. Ma da giorni desidero farlo dopo aver risposto ad una domanda di Deneb su come mai escono più volte, in questo Blog, figure, temi o altro legati al mondo “russo” nel più ampio senso del termine (sovietico, europeo, asiatico ecc…). Anche il mio avatar lo testimonia: Asian Lednev.
Per chi ne ha letto le pagine della letteratura (dai classici a Osip Mandelstam, da Leskov alla Anna Achmatova, da Pavel Florenskij a Tarkovskij … ) e ne ha seguito la storia (non esclusa la storia del XX secolo con tutte le sue contaddizioni e conflitti) avrà certamente colto un filo che ne attraversa il pensiero. Una spiritualità laica che sposta tutti i significati delle parole e che colloca le persone e le cose all’interno di un insieme, di un “cosmo”, che tiene insieme e ne è immagine.
Per spiegarmi: questo blog fa parte di una cosa che oggi chiamiamo Blogosfera: un involucro particolare formato dall’intelligenza (e non solo) e impreganto della stessa intelligenza (e non solo). E’ una delle più attuali (1999) pellicole concettuali che oggi avvolge l’intero pianeta. Esprime, in qualche modo, uno dei più attuali stadi di evoluzione della Biosfera. E qui sto parafrasando lo scienziato, il “centro” del discorso: Vladimir Ivanovic Vernadskij.
Vernadskij è un geologo molto particolare che non si limita a leggere la crosta terrestre come fenomeno materiale, chimico, fisico. La guarda in relazione ad un’altra sottile pellicola che la riveste, la Biosfera (composta da tutto l’insieme della vita biologica del pianeta: animali, piante, ecc: un involucro conquistato dalla “vita”), e cerca di spiegare come questa sia la forza energetica che modifica continuamente la crosta terrestre. Nei suoi studi apre una strada che tende a studiare diversamente il significato geologico dei fenomeni della vita. La Biosfera è il confine del cosmo che si aggrappa e modifica il pianeta, lo modifica. Il percorso finale del suo studio è lo studio e la definzione di un nuovo involucro ancora Noosfera (dal greco noos, spirito): “la biosfera, sotto l’influenza dell’attivitò dell’uomo (Homo sapiens) passa ad un nuovo stato -quello della noosfera. L’influenza dell’attività umana sui processi naturali acquista un carattere sempre più globale. L’uomo diventa una potente forza geologica, sempre crescente, che cambia la fisionomia della terra” (da Vladimir Ivanovic Vernadskij, La biosfera e la noosfera, Sellerio editore, 1999) I suoi scritti hanno qualcosa di visionarioe di fantascientifico come lo erano quelli di Tsiolkovskij (il padre della cosmonautica russa). Studiando il pianeta se ne creavano visioni.
Vernadskij è una di questi interpreti di un particolare modo di vedere la vita e il mondo e di costruire relazioni tra le cose che, sottolineo, permeato di una spiritualità laica (forse è difficile per noi abitanti di uno stato cattolico comprenderla fino in fondo) che è tutta russa e si è manifestata sempre e in ogni tema e tempo (sovietico compreso) con una modalità particolare che la contraddistingue dal resto del mondo: la prima tra tutte è Cosmonauta, che però sarà argomento di un post futuro.
Quarta di copertina di Yuri Gagrin, The first Cosmonaut © Novosti Press Agency Publishing House, 1977