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Elenco artisti in mostra

Se la parola chiave è “divertimento”, posso dire che il mio lavoro mi diverte molto.
Se fare l’architetto è già un bel mestiere fare il museografo lo è ancora di più. Se poi l’interpreti in una chiave di “installation art”, di installazione totalizzante (che ingloba contenitore e contenuto) allora siamo quasi alla follia.
Per condividere fino in fondo con tutti quelli che hanno partecipato un piccolo film non basta (appena tre minuti). Purtroppo non sono riuscito a metterci dentro tutto quello che avrei voluto, anzi ho usato un solo principio: metterci dentro tutto quello che avevo di pronto. Nulla di nuovo. Come già dicevo con alcune persone, è solo un primo di almeno tre video (tre sono le musiche originali di Esprit Machiniste). Questo primo mi serviva anche per misurarne il gradimento.
A parte alcuni problemi di importazione su YouTube (il ritmo è saltato in alcune parti e si è mangiato fotogrammi) il risultato mi sembra positivo… quindi… aspettatevi il sequel!

Un ultimo tassello. Un piccolo documento che racconta qualcosa di Rinascimento Virtuale, uno spot di un qualcosa di molto più grande che contiene 150 artisti, realizzato usando la sola memoria del mio macbookpro.
Da un’idea di Mario Gerosa portata nella mia “testa” e realizzata sulla musica prodotta da Esprit Machinsite (Rinascimento Virtuale – Frank Koolhass talking).

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E se Boccioni avesse avuto un’avatar?

In questa mostra fiorentina che abbiamo appena aperto, Rinascimento Virtuale, c’e’ una dimensione fisica che regge le parole di Mario Gerosa, l’autore dell’omonimo saggio e ideatore della mostra.
Declinandola in chiave fisica ed esperienziale non ho potuto prescindere da una dimensione corporea dell’installazione. Come mi è capitato di dire più volte, in diverse occasioni, qui si incontrano almeno tre corpi: il nostro corpo biologico, il corpo etnografico del museo (le testimonianze prese dalle più parti) e infine il terzo corpo: l’avatar. E’ quest’ultimo il corpo di chi sta arrivando in massa all’interno degli spazi reali, un corpo che da tempo chiede una sua collocazione all’interno della cultura più allargata.
Nella tradizione induista l’avatar è l’assunzione di un corpo fisico da parte di Vishnu o di uno dei suoi aspetti (Krishna, ecc). Nel mondo digitale, al contrario, è un corpo fisico che assume un corpo immateriale, pura essenza. Nulla di nuovo. A Firenze, si testimonia il ritorno al significato originario della parola: l’avatar chiede che il suo corpo torni fisico, torni riconoscibile a fianco dei corpi biologici e dei corpi etnografici esposti.
Per questo dico: gli avatar… stanno arrivando.

 

 

LA BATTAGLIA TRA CULTURA ALTA E CULTURA BASSA E’ FINITA

NOI SIAMO I PRIMITIVI DI UNA CULTURA ANCORA SCONOSCIUTA

 

 

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E. S. Curtis, fotografia di indiano d’America in costume animale

Come dice Wikipedia, “Edward Sheriff Curtis (Whitewater, 16 febbraio 1868 – Los Angeles, 19 ottobre 1952) è stato un esploratore, etnologo e fotografo statunitense.”

“Edward S. Curtis, Ritratti frontali con sguardo in macchina, profili ieratici, sorrisi infantili appena accennati, scene di vita quotidiana, uomini mascherati, occhi neri come il carbone. Curtis passa dal volto di questi individui al contesto ambientale in cui vivono, denotando un’attenzione scientifica per la documentazione visiva di un popolo strettamente collegato alla natura e ai grandi spazi. Dai visi di questi uomini e di queste donne emerge una forza umana impressionante. Ogni ruga, ogni segno sembrano come scolpiti dal/nel tempo. L’equilibrio dei lineamenti, la fierezza dello sguardo, l’antica profondità espressiva di queste figure trasformano immagini fotografiche in icone di un mondo, ormai quasi totalmente scomparso, portatore di un patrimonio di tradizioni e usi di grandissima importanza.

L’iconografia tipica del cinema americano commerciale e la distorta (e insana) mitologia della civilizzazione imposta dall’uomo bianco, hanno generato nella produzione hollywoodiana innumerevoli film in cui l’indiano nativo americano era dipinto sotto una luce falsa ed errata che tendeva ad evidenziare presunte inverosimili attitudini violente e primitive. Si trattava in realtà del tentativo da parte della ricca società americana di dare forma e struttura, accettabile moralmente, ad un violento processo di colonizzazione di cui hanno fatto le spese proprio gli autoctoni del continente nord americano”.

http://www.ehow.com/how_2108655_become-a-furry.html

Locate your Furry community on the internet. In a major metropolitan area, you will be able to easilly find at least one community of other Furries to meet up with. If you are in a more suburban environment you will have no choice but to maintain contact with the wider Furry community on a strictly electronic basis. Fortunately there are annual Furfests and gatherings that attract your fellow Furries from all over the country! Surely you could go to one of these.
Step
2
After doing some research on the Furry community, determine what your Furry avatar will be or look like. Perhaps your Furry avatar will be an exension of your human appearance. Perhaps it will be that to which you aspire to become. But look within yourself in answering the question of what your avatar would be. What animal or being best encaspulates your hidden erotic self. Your potential?
Step
3
Draw your furry avatar. Give it a personality, again, either an extenion of your own or what you wish to be.
Step
4
Become your furry avatar. It’s time to turn your drawing into a fursuit. You can either create your own or have it custom made. Either way, this will force you to expend the resource of either time or money. Oftentimes: both.

For more information on fursuits, see the resources section!
Step
5
Live your Furry avatar. With your fursuit complete, you can now participate in Furry social gatherings as your true Self, finally interacting with others as what you really are.

Foto 1: Guardare Manray, elaborazione.
Foto 2: Guardare Velas che guarda Manray.

Il lavoro di Marco Manray è noto ai frequentatori di Second Life.
Lo è meno a chi non lo frequenta. Le tre repliche che mostra a Como, in occasione di Allarmi (grande mostra d’Arte Contemporanea realizzata in una caserma di Carabinieri) viste al vero e in una galleria di Second life (sezione virtuale della Galleria Overfoto di Napoli) hanno il fascino degli oggetti. Ma di oggetti potenti. La sensazione è ribaltata rispetto a quanto succede normalmente. Io, Velas, e Marco di fronte a queste immagini di avatar senz’anima (i soggetti sono gli automi pensati per generare traffico nelle sim) rese vere questa volta dalla “cosa” fotografica e non più da un immagine in pixel. Eravamo a nostra volta avatar di quel mondo. Non più osservatori partecipanti ma soggetti osservati dalle immagini, in qualche modo scorticati della pelle. Lo sguardo indiscreto del fotografo è riconoscibile e riflesso nei linemanti di questi robot che godono della loro corporeità. Il loro essere robot sembra in parte rimosso da uno sguardo consapevole e discreto. In questa stanza c’e’ tutto per ragionare su ciò che sta sotto il cielo di second life.


Velas+Elena

NewKit Asian Lednev © Fabio Fornasari

Il 18 marzo 2008 l’avatar che fa le veci del mio corpo in second life ha compiuto un anno. Ho pensato fosse tempo di cambiare aspetto. Aspetto e qualcosa di più. Come mi diceva di se Donataello Saunders, aka Thomas Galli, ero rimasto “come Linden mi aveva creato”; l’ho fatto di restare così, con uno scopo preciso: confondermi tra la folla. Ogni avatar è un progetto, ne sono convinto, e ha uno scopo all’interno della rete. Il mio era quello di osservare senza essere troppo osservato, senza troppo “spostare”. Poi, come spesso capita, lo sguardo si sposta sull’osservatore stesso (auto-osservazione) e questo introduce al cambiamento.
Quindi l’aspetto Newbie (newb, noob, nab, nabbo nub, nib o n00b o niubbo) ha terminato il suo scopo e ho deciso di rivedere il mio aspetto generale, anche in relazione alla sim dove ho “fatto home”: Post Utopia della quale già ho parlato qui e qui.

Morale: disegnare l’avatar (ri-disegnarlo) non è solo come cambiare look ma è cambiare il proprio atteggiamento verso lo spazio della rete. Rivedere un progetto, modificare il proprio avatar, significa cambiare attitudine verso il mondo nel quale si risiede, si opera, con tutte le sue implicazioni.
Leggedo qui e qui si capisce che questa piattaforma – Second Life – è sempre più uno “spazio di lavoro” e il significato della parola ludico assume valori differenti. E’ passato ormai il tempo del “fa notizia” per lasciare il posto a “si fanno cose”.
Anche per questo motivo era giunto il tempo di “volgere una nuova faccia” al mondo di Sl e al tempo tascorso al suo interno.

On the other side of the Mirror of Life

“history begins when I wake up. and it ends when I go to sleep”
(giornalista colombiano)

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Isola Style Magazine

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Snapshot di Joannes Bedrsosian da www.unacademy.ning.com

Ogni forma d’arte ha sviluppato il proprio intreccio per non essere pura forma: il plot come intreccio di un’opera drammatica o di narrativa, stabilisce l’organizzazione logico-sintattica del discorso, in rapporto alla forma. Ciò che manca spesso, in second life, è appunto questo: il plot (che mai deve essere unico per gli spazi dell’arte). Non è il caso di ieri sera.

La notte dei vizi, perfomance allo Style Magazine sotto la direzione di Roberta Greenfield e l’animazione di Drago.
Anche ieri sera ho avuto conferma di un mio pensiero: a dispetto di tanti luoghi comuni, Second Life, è in se una costante performance metaforica della “disponibilità” e della “volontà” di mettersi in gioco; misura con costanza la nostra capacità di assumere una capacità di azione verso il mondo che ci circonda, verso i possibili stimoli che ci vengono offerti.

The avatar (Asian Lednev): this is my body
Tradizionalmente , il corpo umano, il nostro corpo, è la nostra materia prima e luogo (location, site specific) per qualsiasi creazione. Il nostro corpo è un libro aperto, uno strumento musicale, il grafico per la navigazione nello spazio e la mappa biografica… il corpo è il centro del nostro universo simbolico, un piccolo modello della conoscenza globale.

Una performance dialoga sempre con dei corpi (Richard Schechner), così come dialoga attraverso gli avatar nel web (come dice anche Guillermo Gomez-Pena). La performance lavora sui confini, sulle frontiere. Le frontiere sono tra le uniche cose che condividiamo tutti. La notte del vizio è stata una esperienza di frontiera. Ma non tanto per le “trappole” e i “dispositivi” predisposti dall’artista. Piuttosto per avere condiviso, ognuno di noi, le reciproche “frontiere” dove sperimentare l’avatar e per poter dire infine : questo è il mio corpo.

SOTTO LA PELLE DELL’AVATAR? NIENTE? … SICURI?

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Pelle trasparente di un modello medico

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Inside information 001: autoritratto come Asian

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Inside informatio 002: Joannes Bedrosian (sperando non me ne voglia)

Per poter dare una risposta corretta alla domanda d’apertura credo che innazitutto ci si debba immergere coscientemente dentro i mondi metaforici. Non “guardarci dentro” ma dal di dentro. (il metodo immersivo).

La conoscenza di noi stessi, della nostra immagine corporea coincide con la conoscenza dei confini del nostro corpo. La pelle è la prima frontiera che conosciamo fin dalla nascita.Ogni essere vivente, ogni organo, ogni cellula ha una pelle o una scorza, tunica, involucro, carapace, membrana, meninge, armatura, paratia, pellicola, pleura…

Nel corpo umano, la pelle è più che un organo, è un insieme di organi diversi. Non è solo organo di senso ma svolge funzione biologiche, metaboliche.La pelle di ogni animale, compreso l’uomo, è un involucro che contiene cose. Si dilata e si contrare (si riempe e si svuota) continuamente in quanto respiriamo.La pelle dell’avatar apparentemente non contiene nulla. Come si vede nella foto qui sopra la posso penetrare senza avere bisogno di ferri. Scopro che è vuota di cose materiali (in apparenza), contrariamente a quanto accade per il corpo umano del quale mostro un modello qui sotto.

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Modello medico di corpo umano in resina

RISPOSTA:Per lo psicanalista che io non sono, la pelle ha una importanza capitale: essa fornisce all’apparato psichico le rappresentazioni costitutive dell’Io e delle sue principali funzioni.
Prendo da Didier Anzieu (dal suo volume L’Io-pelle – Edizioni Borla, 1995) un piccolo schema semplice per capire che la pelle ha una funzione che va oltre il dato biologico e che anzi assume un forte valore in relazione alla nostra più profonda persona: all’Io-pelle, la superficie psichica con funzione di intersensorialità che aderisce alla pelle stessa, assegna “tre funzioni: una funzione di involucro, contenitore e unificante del Sé, una funzione di barriera protettiva della vita psichica, una funzione di filtro degli scambi e di iscrizione delle prime tracce, funzione che rende possibile la rappresentazione. A queste tre funzioni corrispondono tre raffigurazioni: il sacco, lo schermo, il setaccio”. (pag 123)

In altre parole quella cosa lì, quel sacco che contiene un vuoto digitale in realtà è qualcosa di noi, e ha le stesse funzioni della nostra pelle nel momento in cui diventa la nostra pelle vicaria (non virtuale).Anche la pelle dell’avatar (l’io-pelle – Didier Anzieu) è una superficie psichica con funzione di intersensorialità.
Come per la pelle del nostro corpo, che assolve una funzione di sostegno dello scheletro e dei muscoli, cosi la pelle dell’avatar adempie ad una conservazione della vita nostra stessa psichica negli ambienti metaforici.

P.S: Altro contribuo al corpo come tema condiviso con Laura.