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Grafica di Cristian Contini

Ogni giorno che passo davanti alla stazione di Milano e a quella di Bologna vedo il conto alla rovescia. Non sempre i conti alla rovescia sono perfetti o puntuali (Milano e Bologna hanno due giorni di differenza nel count down). Ma certo sappiamo ormai che il 21 di ottobre aprirà la mostra di Firenze, ideata, pensata, inventata, voluta e curata da Mario Gerosa.
La sua interpretazione (corretta e condivisa) mi ha convinto per un motivo semplice: è uno sguardo allargato, globale (a volo d’uccello) della produzione all’interno della rete. Non si perde in tecnicismi ma gli interessa osservare un mondo fragile in continua evoluzione.
Personalmente, invitato a curarne l’allestimento, ho iniziato questo lavoro non facile di portare nel mondo reale delle cose immateriali, in una forma di racconto. Mantenere questo sguardo allargato globale non è semplice. Non è il problema di mettere bacheche o di trovare le giuste immagini ma di costruire una vera installation art, dove tutto il museo racconta il senso del lavoro, ogni cosa assume un ruolo preciso all’interno della costruzione di senso della mostra. L’allestimento parte dalla negazione di un’enfasi verso un modo di vedere Second Life, un modo che “separa” la vita dentro second life da quella reale. Fin dal principio ho cercato ponti, limiti, regioni delle due modalità per vedere come tenerle unite seppure esse siano separate. La ricerca di questi limiti (da oltrepassare-riconettere) non muove da una visione globale generale ma da una posizione “obliqua” che cerca di studiare più il particolare, l’indizio minimo dal quale ricostruire tutto il senso della mostra.
Il faccia a faccia tra spettatore e Second Life è qui mediato da un dialogo tra civiltà differenti esposte nel museo e l’osservazione del singolo referto etnografico; l’osservazione del suo dettaglio ci mostra tanto delle nostre scelte estetiche operate nei mondi virtuali. Sono rimandi, riflessi di quello che siamo diventati.
Queste riflessioni, questi riverberi, diventano la sola vera guida per entrare nella Second Life per quello che è: uno spazio antropologico da vivere (studiare) a tutti gli effetti.
Quanto detto è il concetto espositivo che si affianca al lavoro curatoriale di Mario gerosa.
Per chi ancora non lo sapesse l’evento si colloca all’interno del Festival della Creatività e sarà fatto con la Fondazione Sistema Toscana
Alcune delle cose che sono state dette le trovate quiqui.
Qui trovate la presentazione del progetto nel quale si citano Moleskine (sostenitrice dell’evento-mostra Rinascimento Virtuale) con una che con l’aiuto di Adriana/Ginevra uno dei dispositivi irritativi che si incrocierà nelle sale.
Anche nel sito ufficiale della fondazione: intoscana.it, e nel sito del corriere della sera alla pagina “Culture”.


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LA BATTAGLIA TRA CULTURA ALTA E CULTURA BASSA E’ FINITA

NOI SIAMO I PRIMITIVI DI UNA CULTURA ANCORA SCONOSCIUTA

 

 

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Sicchè, mentre desiderate contemporaneamente di entrare e starne fuori, sospinti da alterne vicende, non fate ne l’una ne l’altra cosa.
(Parafrasando Petrarca nella Lettera dal Ventoso)

In questi giorni si sono agitate le acque negli stagni metaforici. Nulla di sconvolgente, magari qualche tristezza nel vedere come siano povere di fantasia le voci contro e talvolta le voci a favore di questo ambiente che ha fatto del nostro “tempo libero” (da spendere) uno “spazio libero” (da fare proprio e da abitare).
Mi è già capitato di parlare in passato di una geografia di second life e di avere citato Elisée Reclus come possibile geografo da legger per dotarsi di strumenti (se preferite skill, tool) per leggere questa esperienza in chiave spaziale. Ieri sera conversavo con Ginevra/Adriana e Frank/Mario di spazio e di SL. Convengo con loro nel dire che la cosa essenziale sta nel fatto che l’incontro effettivo con il paesaggio in rete sia un mettere alla prova se stessi e le proprie abilità e contemporaneamente lo sconvolgere una aspettativa percettiva, una categoria di pensiero (lo spazio) o una abitudine di scrivere (parlando in chat).
Ogni paesaggio pone una domanda (che sia reale o pittorico, metaforico o virtuale): come è possibile abitare lo spazio? Che cosa è una vita che prende forma dallo spazio e cosa deve fare per non sprofondarvi?
Questi sono i temi che si ritrovano anche nei testi dell’epistemologo della geografia Jean Marie Besse, il quale trova risposte in autori come Goethe, Brueghel e altri ancora.
Se si prende la lettera dal Ventoso del Petrarca, nella quale racconta la sua ascensione verso la vetta, si colgono alcuni aspetti di una notevole modernità (come adoro questo termine): “decidendo infatti di salire la montagna per godere semplicemente della vista che se ne può avere sulla vetta, Petrarca avrebbe trovato per primo la formula dell’esperienza di paesaggio nel senso proprio del termine: la contemplazione disinteressata da un’altura, del mondo aperto al suo sguardo”. E’ la stessa esperienza che si prova in SL. La possibilità di avere una idea di paesaggio all’interno di una dimensione comunicativa. Nulla di nuovo in questo ma va ricordato a volte che prima della performance e della comunicazione c’è una naturale postura dello sguardo diretto sul mondo – virtuale? metaforico? – convertendo, per così dire, all’autopsia della natura artificiale uno sguardo fino ad ora rivolto solo verso pagine bidimensionali di libri, riviste e pagine html. Second life diventa così il passaggio decisivo dell’eperienza personale nella determinazione di una verità geografica, spaziale, dello spazio della rete. In altre parole Petrarca suggerisce che l’esperienza dello spazio, l’esperienza geografica in tutti i suoi aspetti, deve essere vissuta con il corpo, la presenza fisica.
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next post next culture?

Desidero rispondere in modo molto breve a quanti continuano a criticare second life dall’esterno. Al di là di un discorso puramente statistico quello che conta è il progetto che ognuno di noi ha pensato al suo interno.
Mi allaccio a quanti già hanno scritto sul tema (Più Blog-Stex Auer, Roberta Greenfield, Specchi e altri che hanno commentato i vari post).

E’ un problema di contenuti e non di numeri. Di valori. E qui – solo per chi non sa – ricordo l’impegno di tanti che come me stanno lavorando a tematiche museali (Museo del Metaverso. Museo delle Mondine), progettuali legate allo sviluppo del territorio (Lucania Lab, Progetto Kublai), all’architettura (Temperatura 2.0, Uqbar), alla letteratura (Parola di donna, Romanzo collettivo, Ubik) e l’arte in genere e allo studio delle culture partecipative e dei social network (UnAcademy, Post Utopia, la rivista inworld 2LItalia e l’edizione in Second Life della Festa dell’Unità). Per tacere della mostra Rinascimento Virtuale che verrà inaugurata a Firenze, al museo di Etnografia Mantegazza in ottobre, sui contenuti di SL e sugli aspetti dell’abitare il digitale.

Non per esagerare ma per usare una metafora: Second Life, come per i fiori del male di Baudelaire è un viaggio immaginario che ognuno di noi sta compiendo in una dimensione che, per chi la guarda dall’esterno, la vede come un “inferno” ma che poi è la vita. Come per i fiori del male, l’avatar (il poeta) è maledetto dalla società per la sua capacità di elevarsi all’interno di questa nuova realtà, metaforica o virtuale o digitale che dir si voglia.

Calendario, continua.
Non sono un “esperto di informatica”, non sono un sociologo della comunicazione, non sono un ingegnere informatico e non sono un filosofo della scienza. semplicemente uso le tecnologie e con il tempo mi sono fatto delle idee.
Ad esempio…

… che è impossibile trovare un confine ben definito tra la produzione di artefatti digitali e quello del discorso; che non possiamo parlare delle cose, ma dobbiamo sempre e soltanto parlare in quanto parte di essi

… che gli artefatti digitali hanno una struttura superficiale rapidamente accessibile all’osservatore che gli da l’impressione che quella cosa sia stata prodotta per lui

… che in tutto questo siamo coinvolti non con la nostra capacità di acquisto ma con la nostra libera decisione di produzione di significato

… che quello che interessa dei mondi digitali sono le affinità legate al mio corpo e alla mia testa

Vedi anche:
25 8 08
26 8 08

immagine ritrovata
testo accessibile: In viaggio. Ogni realtà è in se totale. Tutto nell’Universo è come l’Universo. M.Granet, il pensiero cinese, Milano 1971

C’e’ come un senso di ignoranza in ciò che si fa. Mettere in ordine le proprie cose sottolinea la dimenticanza e in modo brusco richiama ciò che si sapeva già.
Questa è la prima pagina di un calendario di “fine anno”. Come ai tempi delle scuole tutto ricomincia da settembre. Così sto passando questi ultimi giorni a sistemare le mie “memorie”, un sottosuolo ricco di cose dimenticate che ora verranno rimesse a posto.

Immagini dall’archivio: 01 – foto ufficiale del concorso di Idee per il Museo dell’Arengario (Francesco Iodice)

Immagini dall’archivio: 02 – foto di Milano in Second Life®.

Più volte in queste pagine ho sostenuto che il doppio sguardo (guardare contemporaneamente due immagini) permette di comprendere elementi inaspettati. In questo caso il confronto è dei più ovvi. Se guardate con gli occhi dell’esperienza estetica e percettiva, non credo (nel confronto) si possano trovare parole a difesa della pretesa di realtà di un certo modo di usare il metaverso.
Se poi si ha una conoscenza diretta, quotidiana e sedimentata dell’oggetto rappresentato, la cosa si complica ancora. Ad una pretesa di realismo si associa una confidenza tradita.
Di tutte le abilità che si sviluppano nel metaverso credo che fare i copisti del reale sia il più avvilente dei possibili usi. Questo quando non è accompagnato da un sapere e da una immaginazione (esempio positivo: Tonino Lane e le sue macchine da lavoro che contengono un sapere e una esperienza andata perduta e che qui possono ritrovare un loro senso).
Bene hanno fatto Neupaul e Papper a fare la loro performance nel pomeriggio di ieri in questo luogo. Tralasciando le implicazioni personali, avere ambientato la performance nella piazzetta Reale ha un significato forte in quanto è il luogo deputato dalla città a manifestare nella forma urbana le opere esposte nelle sale del Palazzo.

Immagini dall’archivio: 03 – chat pubblica pubblicata su Specchi e Second Life

Giornata di confusione in casa Linden… Oggi la mia identità, Asian Lednev, l’ho persa per un aggiornamento di server. Non sono l’unico mi si dice. Così nell’attesa di recuperare il mio avatar (che si trova loggato come un fantasma, inerme e incapace di reagire agli IM e a tutto) gioco con il mio avatar “salvadanaio, backup, di servzio: Gagarin Letov.

Morale: Perdere l’identità non è cosa piacevole anche se si tratta di un proprio avatar.

P.S. Come giustamente mi scirve nel commento Ginevra consiglio la lettura dei suoi post: qui e qui.

Nei giorni scorsi ho iniziato un lavoro in-world che nasce dal suggerimento di ciò che sta accadendo in rete. E mi rifersisco all’articolo del blog “specchi e second life”, successivamente replicato qui e qui (post a firma di Neupaul Palen e Papper Pap). Inoltre mi riferisco a tutti gli interessanti incontri avvenuti in-world che hanno al centro l’argomento “arte” e che sono stati fatti in seguito all’uscita del libro di Mario Gerosa (Rinascimento Virtuale).
Sono tanti che ne parlano, tra questi anche gli amici Liu (la quale se ne occupa professionalmente) e Joannes. Inoltre ricordo il post che già ho pubblicato qui. Non riesco a citare tutti gli articoli letti ma faccio riferimento ai rimandi che si possono trovare anche nei post che ho linkato.
Nei giorni scorsi ho diffuso una notice con due domande che ho cercato di consegnare personalmente ad artisti e a residenti di second life. Ho cercato di consegnarlo personalmente anche per spiegare i contenuti e i motivi ma purtroppo non sono riuscito ad arrivare a tutti.
L’obiettivo della doppia domanda è raccogliere non il giudizio di una “critica” dell’arte prodotta in second Life, ma conoscere le aspettative dei residenti di un’arte in-world.
E’ una raccolta di dati che serve a procedere in un ragionamento dal basso: come l’ambiente stesso viene percepito da chi lo vive e da chi lo costruisce.
Parlandone con Roxelo Babenco, le dicevo che la raccolta di dati è propedeutica per costruire un incontro simile ad una tavola rotonda aperta dove “dal basso” parlare dell’argomento. Quindi la raccolta delle opinioni di cosa si percepisce cone arte e cosa non lo si percepisce viene prima della definizione di stile e di un mercato dell’arte delle quali cose c’è già chi se ne occupa con la più seria delle professionalità.

La notice era la seguente:

“SAPRESTI MOSTRARMI…? Asian Lednev al popolo di Second Life”
Sapresti mostrarmi qualcosa che certamente non è arte di Second Life?
Sapresti mostrarmi qualcosa che secondo te è certamente arte di Second Life?

Nel frattempo sono arrivate numerose risposte che unite alle chat di presentazione sono gà un “corpo” interessante da “sbobinare” e costruire in qualche forma da trovare credo internamente ad SL. Questo post è da considerarsi un primo tassello di un discorso più ampio.